Le voci di chi vive con 800 euro al mese

Antonio, Marta e gli altri. Da tutta Italia per raccontare storie di ordinaria cassintegrazione

ROMA. Le tute blu della Fiom tingono di rosso piazza del Popolo. Sono arrivati da tutt’Italia per rivendicare diritti e lavoro, gli operai della Fiat e di Fincantieri, riuniti ieri nella capitale in un sit-in che è durato tutta la mattina.
A susseguirsi sul palco tutti gli operai degli stabilimenti coinvolti nella mobilitazione. da Termini Imerese, dove a oggi non si conosce ancora il destino dei lavoratori (la Fiat ha stabilito che lascerà lo stabilimento siciliano a partire dal 31 dicembre), agli operai dell’Irisbus di Grottaminarda, che da più di cento giorni sono in mobilitazione permanente. Da quelli di Mirafiori e di Melfi fino a giungere a Pomigliano.
Ecco alcune loro voci. «Lavoro alla Magneti Marelli da 11 anni, per adesso non ho fatto ancora un giorno di cassa integrazione e per questo mi ritengo un privilegiato. Non so ancora per quanto. È difficile vivere con 800 euro al mese e se a questo aggiungi una famiglia, dei figli da mandare a scuola e le rate del mutuo, il mio futuro è a tempo determinato.
Viviamo in una fase di crisi solo che non capisco perché a pagare, scelte che spesso si rivelano sbagliate, debba sempre essere chi lavora». Uno sfogo che è unanime. La delusione e la rabbia si mescolano sulla faccia dei presenti, come quelle di due operai dell’indotto Fiat. Per anni hanno prodotto tergicristalli per le auto del Lingotto, adesso uno è in cassa integrazione a zero ore, l’altro è in pensione ma ha scelto comunque di essere in piazza. «Non lavoro più in fabbrica, ma per più di trenta anni ho dato la mia vita per questo stabilimento. Oggi difendo la democrazia, è per questa ragione che ho scelto di essere a fianco dei miei compagni».
Lì chiama così. Antonio, compagni come il suo caro amico che da più di tre mesi è in cassa integrazione a zero ore. «Il male di questo paese è non solo chi governa, che concede regali alla Fiat come l’articolo 8, ma anche chi sceglie di firmare accordi come le altre sigle sindacali». Anche loro sono indignati e per questo hanno scelto di muoversi dalla Campania e arrivare fino a Roma, così come hanno fatto sabato, non per devastare e bruciare ma per far sentire la loro voce e indignazione.
Un mobilitazione che chiede certezze e garanzie sul futuro, quello che come dice un operaio di Fincantieri , «sembra incerto. Noi però non ci rassegneremo. Saremo presenti ovunque anche nel più piccolo degli stabilimenti perché il lavoro è un diritto e la possibilità di difenderlo non è oggetto di contrattazione».
Dello stesso parere è Marta, delegata Fiom, che difende le Rsu e il diritto di chi lavora ad essere rappresentato: «Vogliono toglierci la democrazia e renderci schiavi, ma noi resisteremo e difenderemo in ogni luogo i nostri spazi, in primis il contratto collettivo nazionale».

Dino Collazzo – IL MANIFESTO del 22 ottobre 2011

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