Lavoro nero in Trentino

Sono dati allarmanti, ma sui quali vale la pena avviare una riflessione che vada oltre il mero dato numerico quelli emersi dal bilancio delle attività ispettive della provincia di Trento pubblicato dalla stampa locale di oggi.
Su 1773 accertamenti 1210 (68,3%) sono state trovate irregolari per complessivi 11 milioni di contributi evasi. I lavoratori trovati a lavorare completamente in nero sono stati 779.( Un lavoratore in nero ogni due aziende).
Questi dati, non si discostano da quelli degli anni scorsi e questo dimostra che, come una metastasi, questo fenomeno anziché restringersi si va sempre più allargando dimostrando per l’ennesima volta che la riduzione dei diritti e la precarizzazione del lavoro non combatte il lavoro nero ma, spesso, lo alimenta.
Se ogni anno emerge la presenza di un così alto numero di lavoratori in nero, significa che qualcosa non funziona nel sistema delle imprese e che in molti comparti, la “concorrenza” si fonda sull’evasione contributiva, sul lavoro nero, precario e sottopagato.
Quello del lavoro nero e sottopagato è un fenomeno che non si spiega con la crisi attuale ma trova origini nella disarticolazione del mercato del lavoro nell’aumento della precarietà e con essa la ricattabilità del lavoratore.
Credo che ormai sia assodato che anche nel ricco Trentino, a farne le spese delle politiche della “deregulation” sono i lavoratori più deboli, quelli che sono costretti ad accettare lavori privi di copertura previdenziale, sottoposti al ricatto di datori di lavoro avidi e senza scrupoli.
Ormai il lavoro nero è una piaga oramai consolidata sul nostro territorio. Per combatterla si rende necessario intervenire sul versante della legge (abolizione legge 30) e sulla definizione di un reddito di cittadinanza dando così ai giovani strumenti in grado di contrastare il ricatto del lavoro nero. Parlo di un “reddito di cittadinanza” come reddito minimo, slegato dal lavoro, per dare ai giovani una scelta alternativa rispetto al ricatto, o lavoro nero o niente reddito. Reddito e diritti sono due condizioni indispensabili per avere piena cittadinanza
Sono convinto che avere la possibilità di accedere ad un reddito slegato dal lavoro permetterà ai quanti sono costretti al lavoro nero di ribellarsi senza mettere in discussione le loro minime condizioni di vita e quindi lottare per salvaguardare i diritti e le condizioni contrattuali di quanti nel territorio vivono e lavorano.
Ma aprire la discussione sul reddito di cittadinanza rischia di rimanere un’utopia se guardiamo le ultime scelte della giunta provinciale in materia di “progettone”. Troppo costoso per una giunta provinciale intenta a spendere miliardi di euro in operazioni speculative come nel caso Michelin e Italcementi, nella costruzione della base militare a Mattarello fino a Metroland e alla Tav del Brennero.
Quindi non è vero che siamo davanti ad una scarsità di risorse ma ad un uso politico delle risorse della nostra autonomia che, anziché essere utilizzate per il sociale, per la ricerca e nuove tecnologie vengono utilizzate per dare linfa ad un sistema di potere che ha già dimostrato il suo fallimento.
Il movimento che sabato scorso è sceso in massa a Roma ha posto con forza i temi del lavoro e del reddito che nessuno può far finta di non vedere.
Sono questioni fondamentali che riguardano non solo il futuro dei giovani, rubato da questo sistema economico liberista, m riguarda la democrazia, lo stato sociale e il futuro di tutti i cittadini.

Ezio Casagranda

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