Quale amministrazione per il futuro

Durante la campagna elettorale i candidati alla guida della Provincia per i prossimi cinque anni Ugo Rossi e Diego Mosna non hanno risparmiato attenzioni allo sviluppo futuro della pubblica amministrazione. Entrambi hanno più volte sottolineato come sia indispensabile agire sul fronte della sburocratizzazione e del merito. Hanno inoltre confermato come sia necessario il rispetto del patto di stabilità per salvaguardare gli equilibrio del bilancio pubblico.
Sulla sburocratizzazione: seguendo la generalizzazione dell’intento, chiunque si trova d’accordo poiché gli adempimenti inutili non servono ma le generalizzazioni molte volte nascondono altri obiettivi. Prendiamo ad esempio la proposta che ancora Dellai aveva fatto al governo nazionale di gestire direttamente l’Agenzia delle Entrate. La necessità nasceva da un eccessiva attività di controllo che a dire del governo provinciale di centro-sinistra strozzava il circuito economico trentino. Troppi adempimenti burocratici, troppi controlli, troppe sanzioni. Il centro-sinistra ancora una volta ripeteva quanto sostenuto da sempre dal centro-destra. Ora Rossi intende proseguire sulla strada di Dellai. Per sburocratizzare gli interessi delle imprese. Invece di garantire una più forte lotta contro fenomeni di evasione/elusione contributiva e fiscale, che garantirebbe agli enti pubblici maggiori entrate per finanziare la spesa corrente, la ricetta finisce per colpire chi ha un reddito fisso e chi è tassato alla fonte, cioé i pensionati ed i lavoratori.
Sul merito: il concetto espresso sia da Rossi sia da Mosna è che bisogna premiare i lavoratori più produttivi perché una pubblica amministrazione moderna deve rispondere alle esigenze di un’economia moderna, che non può più permettersi di rimanere al palo per colpe da addebitare anche ai dipendenti pubblici. Se si entra “nel merito” della questione, non ci si può non soffermare sul fatto che chi dirige un servizio abbia un rapporto strettamente fiduciario con il politico di riferimento. In provincia di Trento milioni di euro vengono spesi ogni anno per riconoscere a chi occupa posizioni apicali la bontà del lavoro svolto: indennità di posizione, di risultato, incarichi dirigenziali vengono individuati discrezionalmente da ciascuna amministrazione ma a quanto sembra senza sortire gli effetti sperati di efficacia ed efficienza. Ma allora se esiste tutta questa improduttività perché si premiano i capi, cioé quelli che sono responsabili della buona gestione di ciascun ambito? Perché senza la competenza dei funzionari la stragrande maggioranza dei politici non sarebbe in grado di stare al proprio posto. La reciprocità di interessi è quindi assolutamente palese.
Sulla spesa pubblica: le amministrazioni locali stanno applicando in maniera rigorosa le regole del patto di stabilità imposte dall’Europa e da Roma. Negli enti locali il costo del personale pubblico dovrà essere tagliato del 12% entro il 2017 mentre il costo per l’acquisto di beni e servizi dovrà essere tagliato dell’8%. Poco o nulla si dice sulle spese che gli enti sostengono per garantire contributi all’associazionismo interessato mentre le opere pubbliche di manutenzione straordinaria vengono pressoché salvaguardate. Non sono previste stabilizzazioni di personale precario, nemmeno quello storico e non si intende rinnovare il contratto collettivo provinciale. E’ sotto gli occhi di tutti che la liberalizzazione dei servizi non ha portato alcun beneficio, né occupazionale né qualitativo. Le tariffe di tutti i servizi pubblici, tranne quello della telefonia, hanno subito aumenti percentuali ben maggiori rispetto all’andamento dell’inflazione, garantendo quindi il profitto delle aziende private. Era questo l’obiettivo: trasferire la gestione delle risorse prima gestite dal settore pubblico al quello privato. Guardiamo inoltre alla politica industriale: milioni di euro pubblici sono stati versati a grandi aziende come Arcese, Marangoni, Whirlpool, Martinelli per ottenere disoccupazione, depauperamento del tessuto produttivo e garanzia di profitto privato.
Cosa significa tutto questo? Che questa classe dirigente tutela interessi contrapposti a quelli della stragrande maggioranza della popolazione. Per ribaltare i rapporti di forza bisogna partire dalla tutela dell’interesse collettivo. Garantire la ripubblicizzazione dei servizi pubblici, espropriare senza indennizzo i grandi patrimoni e le grandi aziende private trentine mettendole sotto la gestione e controllo diretti dei lavoratori e dei cittadini, creare una banca pubblica per gli investimenti pubblici e dei piccoli imprenditori, avere il diritto di revocare in qualunque momento i propri rappresentanti politici e sindacali sono parte del programma di Rifondazione comunista.
Mirko Sighel – candidato lista Rifondazione Comunista

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