Legge di stabilita’, decadenza e disoccupazione

In questi giorni del post decadenza da parlamentare del caimano mentre tutti sono impegnati a ripercorre la figura del caimano, dalla sua ascesa fino al giorno della sua caduta, di quello che è stato i peggior presidente del Consiglio dal dopoguerra, il governo Letta, quatto quatto, si prepara a portare un’altra pesante bordata agli sistema degli ammortizzatori sociali ed imporre sacrifici iniqui alla gente e regalare miliardi per l’acquisto di strumenti di guerra.
Il tutto naturalmente per “far quadrare il bilancio” e per dimostrare all’Europa che, per l’Italia a differenza della Grecia, non servono le direttive della troika per smantellare lo stato sociale. Questo governo lo sa fare da solo utilizzando il “ricatto” dello spread e della disoccupazione. Per questo Letta nipote si prepara a tagliare anche la durata della cassa integrazione e spudoratamente lo fa proprio nel momento in cui i dati Istat ci dicono che in ottobre la disoccupazione ha raggiunto quota 12,5% e quella giovanile è balzata al 41,2%.
Per la disoccupazione oltre a segnare un nuovo record storico si tratta di una vera piaga sociale che richiederebbe grandi investimenti pubblici, sostegno alle imprese che innovano alla riduzione dell’orario, dei contratti di solidarietà e degli ammortizzatori sociali e la cancellazione della riforma Fornero in materia pensionistica.
Ma il pareggio di bilancio (votato dal governo Monti) non permette investimenti da parte dello Stato ci arriva dall’Ocse l’ennesimo l’allarme sul rischio pensione per i giovani precari. Una denuncia che però evita accuratamente di dire che questa situazione è figlia del sistema contributivo e del ricorso ai fondi integrativi i quali, oltre a rappresentare un rischio economico, richiedono un versamento del lavoratore. Ora l’Osce si dimentica di spiegarci con quali soldi un giovane che, quando va bene percepisce 800 euro al mese, dovrebbe finanziarsi al sua pensione.
Iun sindacato – con la S maiuscola – alla luce della denuncia Ocse dovrebbe proporre un percorso di lotta per rilanciare la previdenza pubblica e il diritto alla pensione dopo 40 anni di lavoro chiedendo la cancellazione della riforma Fornero e di ogni forma di precariato, rimettendo al centro il lavoro dipendente a tempo indeterminato, battersi per la riduzione dell’orario di lavoro e attuare una convinta lotta alla corruzione, all’evasione fiscale e contributiva.
Invece assistiamo al suo esatto contrario:
il segretario della Cisl Bonanni ha preso la palla al balzo per rilanciare la proposta di rendere obbligatoria per tutti i lavoratori l’adesione ai Fondi integrativi privati, speculando sul disagio sociale dei giovani, per far decollare in Italia la previdenza privata, nella quale CGIL-CISL-UIL hanno diretto interesse;
Nella legge di Stabilità nel mentre si tagliano le risorse per sanità scuola e ammortizzatori sociali (la cosiddetta spending review) il governo trova ulteriori 3 miliardi per i signori della guerra. Dopo la vicenda degli F-35, si regala alla casta militare ben 3 miliardi di euro per nuovi navi da guerra;
Il ministro del Lavoro e Politiche sociali, Giovannini prepara un decreto per imporre nuovi vincoli per la cassa integrazione e mobilità. Minimo 12 mesi di anzianità per accedervi, durata massima di otto mesi per il 2014, che andrà a scendere a sei mesi nei due anni successivi, mentre per la mobilità in deroga i mesi scendono a 7 e poi a 5 nell’arco dell’anno.
Udite udite davanti a queste scelte di classe che fanno pagare la crisi ai lavoratori, ai disoccupati ai precari ai pensionati e a quanti vivono del loro onesto lavoro il sindacato non va oltre l’affermazione verbale dichiarando che questi sono “Interventi iniqui e sbagliati”, ma nulla più.
Ancora una volta Cgil Cisl e Uil rinunciano al loro ruolo di difensori dei lavoratori e si fanno portatori degli interessi dei loro referenti politici avvallandone le scelte impopolari ed inutili dell’austerità.
Questa situazione è l’ennesima dimostrazione delle pericolosa svolta imposta dalla Camusso alla Cgil, della rinuncia ad un suo progetto alternativo per uscire dalla crisi capace di valorizzare il lavoro e lo stato sociale a scapito della finanza e della speculazione. Purtroppo anche a causa di una Cgil rinunciataria quello che avviene è l’esatto contrario.
Ezio Casagranda

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