Uno schiaffo a Marchionne

La Corte Costituzionale accoglie il ricorso della Fiom sulla rappresentanza sindacale giudicando illegittimo l’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori laddove esclude dalle Rsa le sigle non firmatarie dei contratti, norma applicata dalla Fiat per escludere la Fiom Cgil dalle fabbriche.
Questa pronuncia modificando il testo di quell’articolo permette alla Fiom di rientrare a pieno titolo nelle aziende Fiat sancendo il fallimento dei piani della Fiat.
Un vero schiaffo costituzionale alle politiche di Marchionne, al governo e a quei sindacati che hanno accettato il ricatto della Fiat sacrificando i diritti costituzionali dei lavoratori in cambio del famoso piatto di lenticchie chiamato pomposamente “fabbrica Italia”.
Infatti la Consulta, “ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, 1° c. lett. b) della legge 20 maggio 1970, 300 (“Statuto dei lavoratori”) nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale sia costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda”.
Una sentenza importante che come molti giuristi sostengono riporta la Costituzione dentro le fabbriche e con essa la democrazia rappresentativa e la libertà, per il lavoratore, di scegliere da chi farsi rappresentare.
Il pronunciamento della Consulta è chiaro. Nessuno sindacato può essere escluso per il solo fatto di non aver firmato il contratto.
Un grande atto di giustizia che riconosce il significato ed il valore generale della lunga lotta dei lavoratori, a p0artire da Pomigliano, contro il modello Marchionne e apre nuovi spazi per quanti sostengono l’incostituzionalità dell’accordo interconfederale del 31 maggio 2013.
Con quell’accordo si vuole estendere a tutti il modello Fiat legando il diritto alla rappresentanza non solo alla firma degli accordi, ma anche alla rinuncia alla lotta. Per questo serve una legge sulla rappresentanza che garantisca ai lavoratori il diritto a scegliere liberamente da chi essere rappresentati e a votare su piattaforme e accordi.
Per questo ritengo che l’esultanza di Landini rischia di essere soffocata dall’applicazione di quell’accordo il cui testo recita: “Sono ammesse alla contrattazione collettiva nazionale le Federazioni delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente accordo che abbiano, nell’ambito di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, una rappresentatività non inferiore al 5%” e poco dopo “… I contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti formalmente dalle Organizzazioni Sindacali che rappresentino almeno il 50% +1 della rappresentanza, come sopra determinata, previa consultazione certificata delle lavoratrici e dei lavoratori, a maggioranza semplice – le cui modalità saranno stabilite dalle categorie per ogni singolo contratto – saranno efficaci ed esigibili. La sottoscrizione formale dell’accordo, come sopra descritta, costituirà l’atto vincolante per entrambe le Parti.”
come si può evincere dal testo viene messa in campo un’operazione a tenaglia con l’obiettivo di stritolare ogni dissenso e che, seppur con parole diverse, ripropone il modello Marchionne.
Se la Corte Costituzionale ha mollato un sonoro ceffone all’arroganza di Marchionne dando ragione alla Fiom, l’accordo di maggio conferma quel modello che in fabbrica impone la dittatura di una maggioranza fatta da sindacati ormai resi complici e “custodi” degli interessi dell’impresa.
Ezio Casagranda

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