Tonini e Ichino: precarietà a vita per tutti??

La lettera del senatore Tonini apparsa sul quotidiano l’Adige il giorno 26 novembre sulla crisi economica italiana lascia sconcertati. Dopo averci “rassicurato” sull’esigibilità del pareggio di bilancio statale nel 2013 dimenticandosi di spiegare chi il debito pubblico (1.900 miliardi di euro) lo dovrà pagare, ci insegna pure che è il mercato del lavoro il settore da ammodernare: troppe infatti le tutele per chi ancora ha la fortuna di essere assunto a tempo indeterminato e troppo poche quelle per chi il lavoro lo ha perso o lo ha a sprazzi.
Per sostenere le sue tesi, il senatore utilizza l’idea del senatore Pietro Ichino, ovvero quella di garantire assunzioni a tempo indeterminato a tutti i lavoratori ma, in caso di esigenze aziendali, siano esse per investimento o conseguenti a crisi economiche – cioè in qualunque situazione!-, tutti a casa con gli ammortizzatori sociali anche partecipati dagli stessi datori di lavoro. Ma di quali assunzioni a tempo indeterminato parlano se in ogni occasione puoi essere mandato a casa? Ad Ichino e Tonini sfugge il particolare che il capitalismo e a maggior ragione la crisi economica in atto non permettono a nessun capitalista di trasformarsi in mecenate pronto a correre in aiuto dei propri subordinati; anzi se può o va all’estero per produrre a minori costi (stipendi, sicurezza, ambiente ecc…) o ricatta i propri lavoratori come Marchionne o li sostituisce con altri che hanno minori tutele o chiede il sostegno finanziario del settore pubblico. Nel modello capitalista i lavoratori sono considerati anch’essi un costo.
Tonini nell’intervento pare addossare la colpa della bassa produttività dell’industria italiana ai lavoratori quando dimentica la natura tradizionale del capitalismo italiano, che non investe un euro del proprio profitto nell’azienda a differenza di chi guadagna spazi di mercato perché spende in ricerca tecnologica. Non bisogna nemmeno dimenticare che i lavoratori italiani sono fra quelli che in Europa lavorano più ore nelle loro unità produttive.
Di chi quindi le colpe della crisi? Il modello capitalistico è di natura rapace; la concorrenza non permette comportamenti mutualistici e le indicazioni di Ichino e Tonini sono una presa in giro per i lavoratori e chi vuole lavorare. Dovrebbero difendere l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori mentre sono i primi a sostenerne la demolizione. Il Pd avrebbe il compito di chiedere al governo l’abrogazione dell’art. 8 della manovra di Ferragosto ma l’opposizione che ha fatto in Parlamento è significativa di qual è l’orientamento di questo partito: sostegno al governo Monti e sostituzione in tutto e per tutto del Pdl alle prossime elezioni con la benedizione della Bce, Fmi, Merkel e Sarkozy. La linea di politica economica portata avanti da Ichino e da Tonini è utile solo alle strategie tedesche della Bundesbank e del capitale germanico: demolizione del welfare dei paesi periferici per dare manodopera a basso costo alle industrie tedesche sparse sul territorio europeo. La politica di centralizzazione dei capitali della Germania utilizza la speculazione finanziaria per imporre i suoi diktat economici.
Le proposte di Ichino e Tonini vanno respinte totalmente: il Partito della Rifondazione comunista propone un modello di sviluppo economico e sociale improntato al benessere delle persone e non alla carneficina conseguente alla competizione capitalistica ammantata da una effimera rincorsa al progresso e colpevole di affamare le persone. Per non dare alibi al mercato e per evitare la distruzione della classe dobbiamo mettere sotto il controllo della stessa le banche, i servizi pubblici locali, la sanità, la scuola e produrre solo quello che serve con le industrie sotto il controllo dei lavoratori. A Tonini, che riprendeva impropriamente nella lettera una citazione di Marx, rispondiamo con un’altra citazione dello stesso: “Da ognuno secondo le proprie capacità, ad ognuno secondo i propri bisogni”.

Partito della Rifondazione comunista del Trentino

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Un commento

  • Ezio

    Seguo Ichino su “In Onda” su La7 che arrampicandosi sugli specchi vuole eliminare l’articolo 18 ma non riesce a motivarlo se non farfugliando parole incomprensibili su effetti salvifici sull’occupazione. Landini spiega con efficacia che il problema occupazione non dipende dall’articolo 18 ma dalle politiche industriali.
    Vergognoso è stato il tentativo della trasmissione di accostare il terrorismo con chi difende l’articolo 18 e i diritti dei lavoratori.
    Ancora una volta, fermo restando il dibattito a due, appare evidente la scelta reazionaria di una trasmissione che “vuole avere l’opposizione dentro”.
    Ma quale opposizione?? L’unica opposizione è quella fatta da Landini a difesa dei diritti fondamentali del e sul lavoro quando propone di allargare l’articolo 18 a tutti i lavoratori. Unico modo per combattere la precarietà

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