Morti sul lavoro: fermare la mattanza
Fermare questa mattanza sul lavoro.
Un portuale schiacciato da un carrello elevatore a Marina di Carrara, un elettricista folgorato nell’Aretino, un operaio caduto da un tetto nel Frusinate e uno investito dallo scoppio di un tubo in una stazione in provincia di Vibo Valentia. E ad Aosta un altro uomo versa in gravissime condizioni. In poche ore, da Nord al Sud, altre quattro vittime sul posto di lavoro ed un ferito grave.
Oltre 470 vittime dal 1° gennaio 2018 ad oggi sul “fronte” del lavoro.
È un tragico bollettino di guerra.
Mancano le norme di sicurezza e la preconizzazione del lavoro fa il resto.
Fermare questa mattanza diventa sempre più un imperativo di chi vuole parlare di lavoro e di dignità a partire da una sinistra che ormai sembra incapace di proporsi come alternativa a questo sistema politico moralmente marcio, politicamente corrotto ed economicamente eterodiretto dalla torika europea.
Ma anche questo Governo, come quelli che lo hanno proceduto fa finta, o non vuole vedere, che la vera emergenza sicurezza in Italia è quella sul lavoro. Un’emergenza che i mass media hanno contribuito a tenere sotto traccia e quindi “estranea” ad un governo dei twitter.
Purtroppo a fronte di questa mattanza sociale rischia di prevalere l’assuefazione.
4 morti sul lavoro in un solo giorno sono trattati quasi come normalità dalla grande stampa, non sembrano più scuotere le coscienze mentre la politica guada dall’altra parte impegnata nella lotta ai migranti accusati ingiustamente di creare insicurezza nei cittadini.
Sembra che non si voglia vedere che oggi, la vera insicurezza per il cittadino italiano, sta nei 470 moti sul lavoro nei primi sette mesi del 2018, nelle condizioni di quasi schiavitù del settore dell’agricoltura, nella disoccupazione, nella perdita di ogni prospettiva futura a causa della dilagante precarizzazione delle condizioni sociali e di lavoro.
Se a questa si aggiunge l’insicurezza sociale dovuta alle politiche repressive verso chi contesta il sistema, una politica dell’abitare che si fonda sugli sfratti nelle periferie urbane, nella privatizzazione (vedi Genova) e nella sistematica distruzione dello stato sociale da parte dei governi obbedienti alle indicazioni dell’Europa il quadro è completo.
Poco importano le modalità con cui questi lavoratori hanno perso la vita, a poco servono le frasi di circostanza se non si mette mano alle cause che stanno alla base di questi morti che sono insite nel sistema produttivo italiano fondato sull’allungamento degli orari di fatto, la compressione dei diritti e del salario.
Vanno ripristinati diritti e salari dignitosi abrogando non solo la legge Fornero ma tutta la normativa del jobs act per permettere ai lavoratori di organizzarsi sui posti di lavoro per contrastare l’aumento dei ritmi, dei carichi di lavoro, delle saturazioni e della diminuzione delle pause e riposi durante l’orario di lavoro. Si tratta di contrastare il ricorso al lavoro straordinario che aumenta l’orario reale di lavoro che spesso va ben oltre l’orario contrattuale per ridare al lavoratore il controllo sul ciclo produttivo cancellato da decenni di concertazione da parte dei sindacati confederali.
Ezio Casagranda