Se è la Caritas a chiedere i vaucher.

Nei giorni scorsi abbiamo letto sulla stampa locale che la Caritas di Trento si è schierata contro l’abolizione dei vaucher da parte del governo Gentiloni.
Che a protestare, come riportava l’articolo, fossero albergatori, piccole aziende, artigiani ecc, è solo la conferma che questo strumento era utilizzato per nascondere, non sostituire, il lavoro nero, precario e sottopagato.
Ma se a lamentarsi è l’associazione cattolica Caritas allora la cosa deve farci riflettere almeno su due cose: il ruolo assunto dai buoni lavoro e sul regresso sociale che essi hanno determinato
La prima riflessione ci porta ad affermare che questo strumento – nato secondo i suoi sostenitori – per combattere il lavoro nero si è trasformato in poco tempo in sistema per legalizzare non solo il lavoro nero ma anche quelle forme di lavoro precario e sottopagato se non gratuito.
I vaucher quindi erano utilizzati non solo per rendere legale quello che fino ad ieri era illegale ma per legittimare un sistema che vuole gestire il privato sociale e la marginalità con forme di lavoro prive di ogni diritto sociale, assistenziale ed in piena violazione della Costituzione che all’articolo 36 prevede: “Il lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi” … “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.”
Questa prescrizione Costituzionale viene meno con il sistema dei vaucher e quindi prima ancora dell’abuso che ne veniva fatto la questione da porsi è se questo strumento rispetta o meno la Costituzione e la risposta non può che essere una: No rispetta la Costituzione.
La seconda riflessione riguarda cosa è diventato il cosiddetto “privato sociale” che dovrebbe fornire sussidiarietà al sistema sociale pubblico.
Se il vaucher viene assunto come sistema di pagamento degli operatori di questo settore il fatto non solo è preoccupante, ma conferma che – con buona pace dei fautori della “riduzione del danno” – la precarietà, lungi da essere temporanea e limitata ai primi lavori, come una metastasi, ha reso precario – anche se con sfumature diverse – l’intero sistema produttivo coinvolgendo anche la vita sociale delle persone.
Una precarietà che sta generando angoscia, inquietudine, paura ed in molti casi a seguito della perdita del lavoro disperazione. Una disperazione che per molte, troppe persone si è trasformata in suicidio.
Significa che questo settore vuole gestire il business del privato sociale con metodi arcaici e con forme di lavoro servili in quanto privi dei diritti minimi previsti dalla Costituzione.
Fa specie, che mentre dilagano precariato e disoccupazione di massa anche all’interno della diocesi trentina venga assunta, anzi rivendica tramite l’utilizzo dei vaucher, la filosofia padronale che afferma: se hai voglia di lavorare devi accettare tutto, altrimenti te ne starai a casa e sarà colpa tua.
I vaucher come le altre forme di precarietà sono parte di quella regressione culturale, svalutazione del lavoro, delle professionalità e della dignità del lavoratore definita come “normale criminalità sociale”, dominata dal profitto e dalla finanza che per sopravvivere richiede nuove forme di schiavitù.
Ezio Casagranda

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Un commento

  • Vincenzo

    Art. 1.

    L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
    La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
    Art. 2.

    La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 9.

    La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
    Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
    Art. 10.

    L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
    La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
    Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
    Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.

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