Lettera a un’operaia che muore
Sono morte per portare a casa una paga di meno di quattro euro l’ora. Dalle 8 alle 14 ore di lavoro al giorno, dipendeva da quanto commesse c’erano di sbrigare e da quanti capi di maglieria bisognava confezionare. E lavoravano in nero. E’ la storia delle quattro operaie morte lunedì nel crollo della palazzina di Barletta in cui si trovava il laboratorio in cui erano impiegate.
Adesso si sprecano le dichiarazioni e le condanne, ma fino a qualche ora fa, ministri, governo, Confindustria & C. dichiaravano che per salvare l’Italia era necessario modificare l’articolo 41 della Costituzione sulla responsabilità sociale dell’impresa, Tremonti dichiarava che la legge sulla sicurezza era di intoppo per lo sviluppo e via cianciando le lodi al liberismo sfrenato e magnificando flessibilità e precarietà per rilanciare lo sviluppo.
Se la mattina piangono lacrime (da coccodrillo) per le lavoratrici morte a Barletta la sera osannano Marchionne che esce da Confindustria perché non vuole rispettare i vincoli imposti dalla legge e dai contratti.
I morti sul lavoro sono una piaga sociale che tutti vogliono combattere, a parole, ma nei fatti e con la scusa della crisi continuano a tagliare le risorse per gli organi ispettivi e per la prevenzione. Ministri, Confindustria e governo si comportano come dei sciacalli. Vergogna.
Disastro colposo e omicidio colposo plurimo contro ignoti è l’ipotesi di reato avanzata dal procuratore di Trani. E’ un passo importante ma non sufficiente perchè i colpevoli sono noti a tutti. Precarietà, sfruttamento, liberismo e lavoro nero.
Di seguito riporto lo scritto “lettera ad un’operaia che muore” di Massimo Gaggi scritte ieri sul Corriere della sera
Ezio Casagranda – 5 ottobre 2011
___________________________________
Il costo del tuo lavoro è la vita
La tua vita : Sei un’operaia e vai ogni giorno a lavorare in uno scantinato. Lo scantinato è un opificio. Una maglieria . Tu confezioni maglie . Un giorno cominci a sentire strani rumori che non hai mai sentito prima . Sono solo dei gemiti , degli scricchiolii. Non vengono dalla strada vicina , o dalle macchine davanti alle quali lavori . Vengono dalle mura del palazzo . Ti chiedi cosa possono voler dire . Non puoi accettare che siano ciò che pensi . Ti dici che forse è normale sentire degli scricchiolii , in un palazzo così vecchio. E continui ad andare a lavorare . Ogni giorno. Ti chiedi se non dovresti palarne con qualcuno. Coi sindacati, coi vigili. Con la polizia. Coi carabinieri . Ma non lo fai . Ti scordi di farlo. Preferisci scordarti di farlo , forse.
Ogni giorno vai avanti , e torni lì, a lavorare . Perché devi . Devi pagare la spesa , i vestiti dei bambini, il mutuo. Continui a lavorare . E’ quello che fai, che hai sempre fatto . Lavori sepolta un uno scantinato per combattere la concorrenza di altri disgraziati come te. Sei impegnata in una competizione crudele con altri lavoratori che lavorano in altre fabbriche , in tutto il mondo. Fabbriche probabilmente più sicure dello scantinato in cui lavori tu , ma non importa . Devi lavorare e lavorerai. Non credi davvero possibile che un palazzo possa cadere. E poi , proprio su di te . Ti dici che queste cose è molto difficile che succedano . Che non succederà proprio a te.
Il costo del tuo lavoro è la tua vita, ragazza mia . E non dovrebbe essere così. Non quando con il tuo lavoro stai producendo parte dell’eccellenza mondiale . Il Made in Italy. Perché non importa quale sia la qualità delle maglie che produci . E’ merce fatta in Italia . ha un valore misurabile, e lo si applica a ogni straccio e a ogni accessorio che venga prodotto nel nostro Paese. Da chiunque. Decine di migliaia di cinesi sono venuti e continuano a venire a lavorare in Italia , chiusi in scantinati come il tuo , per poter produrre merce Made in Italy , l’orgoglio e il vanto della nostra nazione, e oggi invece non ha più alcun senso . Ricordalo, e salvati .
Massimo Gaggi