Pensioni, è ora di tornare nelle piazze

Non ci si riesce ad abituare al livello del dibattito politico/sindacale del nostro paese. Se uno non leggesse qualche giornale ogni giorno, non vedesse qualche TG o non navigasse per internet non potrebbe mai credere che si stia davvero discutendo, ai massimi livelli, da qualche mese, cinque per la precisione, per l’uscita dal lavoro.
La cosa è ormai risaputa, la legge Fornero ha introdotto, nella individuazione dell’età “giusta” per andare in pensione, anche il calcolo della speranza di vita costruendo un meccanismo che, collegandosi all’aumento della vita media, aumenta di pari passo l’età del pensionamento.
La cosa viene rappresentata come una scelta equa e irrinunciabile. Equa perché secondo lor signori bisogna spaccarsi la schiena fino alla soglia della morte, irrinunciabile perché i conti dell’INPS e la sostenibilità del sistema dipendono direttamente anche dall’introduzione di questo mefistofelico meccanismo di continuo aumento dell’età pensionabile.
Ora che l’intero impianto della legge Fornero e di quelle che l’hanno preceduta a partire dalla Riforma Dini del ‘95 – la madre di tutte riforme pensionistiche – siano inique e sbagliate è dato ormai consolidato per tutti gli oltre 60 milioni di italiani, ad eccezione di tre: Camusso, Furlan e Barbagallo.
Che i conti dell’INPS e la sostenibilità del sistema siano a rischio è invece cosa di cui andrebbe discusso approfonditamente, ad esempio valutando quanto incidano su di essi i continui sgravi contributivi alle imprese che comunque non hanno creato e non creano occupazione stabile e duratura per i nostri giovani; quanto abbia inciso l’aver l’INPS assorbito Enti previdenziali che erogavano ricchissime pensioni ai professionisti e ai dirigenti d’azienda e che, ad un passo dal crack, sono stati inglobati dal maggiore ente previdenziale italiano che così si è dovuto far carico di pagare pensioni onerosissime senza però averne incamerato i contributi.
Oppure quanto abbia pesato e pesi la fusione con l’INPDAP, l’ente previdenziale dei lavoratori pubblici, ora che si è scoperto che le Amministrazioni pubbliche – i Ministeri, gli enti locali ecc. – si guardavano bene dal versare nelle sue casse i contributi regolarmente prelevati dalle buste paga dei propri dipendenti, provocando così una voragine di enorme valore e mettendo a rischio le pensioni dei lavoratori.
Bisognerebbe cancellare venti anni di riforme delle pensioni, costruite al fine di smantellare pezzo a pezzo la previdenza pubblica per ingrassare i fondi previdenziali privati gestiti dai sindacati confederali, per poter mettere le mani davvero al rilancio dell’ente pubblico oggi in mano ad una ditta di demolitori professionisti capeggiata da Boeri. Questo è quello che TUTTI gli Italiani chiedono e si aspettano che accada.
Invece no. Ad un tavolo a cui nessuno li ha delegati, i tre segretari generali di cgilcisluil, i maggiori sindacati gialli d’Europa, stanno a discutere – e qualcuno minaccia scioperi e sfracelli! – di cinque mesi di distanza tra 66 anni e 7 mesi e 67 anni per andare in pensione, e soprattutto se sia sufficiente individuare 15 categorie definite gravose a cui fare la grazia di lasciarle andare in pensione a 66 anni e 7 mesi invece che a 67.
In altri tempi si sarebbe chiamata la Croce Rossa. Oggi invece c’è da tornare nelle piazze per impedire che qualcuno si rifaccia una verginità persa da tempo difendendo i cinque mesi di anticipo per qualcuno.
Noi vogliamo andare in pensione a 60 anni, con 40 anni di contributi. Vogliamo una pensione dignitosa che ci consenta di vivere dignitosamente, vogliamo che i giovani abbiano la possibilità di costruirsi anch’essi un futuro con il lavoro buono e di qualità e quindi di avere anche loro la possibilità, di andare in pensione.
Di altro non vogliamo nemmeno discutere.
di USB Nazionale
Fonte: contropiano

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6 commenti

  • Saiani Aldo

    La legge Fornero non va’ riformata, va’ resettata, usando il linguaggio eufemistico e tecnologico dei giovani schiavi del SISTEMA.
    Usando il mio vetero e schietto linguaggio degli uomini liberi va’ cancellata!!!

  • antonio

    “Noi vogliamo andare in pensione a 60 anni, con 40 anni di contributi”. Se negli anni 70-80 qualcuno avesse: che dico pensato, sussurato, accennato a questo, sarebbe stato “lapidato” all’istante. A quel tempo ancora si parlava della soglia massima dei 35 anni di contributi non uno di più, qualsiasi fosse l’eta anagrafica. Come si sia potuto invece arrivare a difendere la soglia dei 65 anni di età e 42 anni di contributi lo sappiamo tutti: è stata la più grande e umiliante sconfitta di quello che restava del movimento sindacale. Qui non parlo dei vertici, parlo di noi tutti, aderenti o no, che non abbiamo saputo mettere in campo mobilitazioni per la difesa di una dignità che mano a mano si perdeva, coinvolgendo i giovani, prime vittime degli accordi stipulati tra sindacati e governo Monti. La Fornero è diventata capro bestemmiatorio a male avvenuto; ma non è solo lei la responsabile come tutti sanno. Ci sono le banche, la finanza e una politica imperial-capitalistica che, con la complicità del sindacato e la ” debolezza” nostra, ha fatto e fa i suoi porci comodi.
    Come ora difendere quel minimo di dignità che costituisce (?) una speranza di vita per milioni di giovani sacrificati alla precarietà e alla sussistenza famigliare, lo sa (ma lo sa?) solo Ferrero che viene a parlare al S.Chiara.
    Io non sono per niente fiducioso.
    Lo scollamento in atto sia nella società civile che in quella lavorativa è talmente evidente che solo un “miracolo” potrà salvarci da una deriva.
    Comunque non è un buon motivo per deporre le armi.

  • Saiani Aldo

    Concordo con la oggettiva e chiara analisi di Antonio.
    Ben vengano questi preziosi e onesti contributi intellettuali, le lettere ai giornali, le assemblee e i dialoghi sui social-networks.
    Ma ci puo’ salvare e unire solo scendendo in piazza, dove ci si incontra fisicamente mettendoci il corpo, e non solo il cervello, guardandosi negli occhi e nell’anima.

  • Saiani Aldo

    Non è mai troppo tardi per reagire alla tragica situazione.
    La mia ricetta: sostituire alla passività e rassegnazione l’azione personale e la LOTTA dura.
    Costi quel che costi.

    Le mie parole d’ordine:
    1. Resistere.
    2. Durare nel tempo.
    3. Rispondere colpo su colpo.

  • Saiani Aldo

    Naturalmente, per vincere “la guerra” contro l’arroganza dei capitalisti finanziari, che sono, quanto più anonimi, tanto più spietati, le vecchie armi dei lavoratori sono diventate obsolete, o addirittura delle zavorre, come i sindacati confederali venduti e apertamente complici del Capitale.
    Bisogna inventarsi armi inedite, che ci sono e vanno usate spregiudicatamente.
    Ma, per fare questo, bisogna mettere in funzione una virtù finora trascurata o derisa:

    la FANTASIA!

  • Saiani Aldo

    Filosofia.

    RASSEGNARSI O RIBELLARSI?

    La scelta fra le due opzioni non va fatta da posizioni ideologiche e pregiudiziali, ma in modo funzionale e pragmatico.
    Ci si deve rassegnare solo al mondo della NECESSITÀ, come è quello fisico e biologico.
    Al contrario, nei confronti delle dimensioni economica, sociale e politica, che fanno parte del mondo della POSSIBILITA’, se non ci piacciono, bisogna ribellarsi.

    Il SISTEMA di produzione, distribuzione e consumo capitalistico non è una necessità storica ineluttabile cui rassegnarsi, ma il prodotto delle scelte politiche di una ben precisa classe sociale: quella dei capitalisti, che pretendono di imporre a tutti la loro Weltanschauung utilitaristica e quindi economicistica ( Adam Smith e David Ricardo).
    Vedi “l’uomo a una dimensione” di Herbert Marcuse, ben esplicitata in “Eros e civiltà”.
    Personalmente voglio un tipo umano non specialistico, ma generico e multidimensionale.
    Aspiro al predominio della POLITICA sull’economia, sulle orme di Hegel e di Marx.

    Perciò mi ribello all’attuale sistema capitalistico neo-liberista, che pretende di essere necessario e immutabile, e perciò esige rassegnazione.
    Lotto per demolirlo e sostituirlo con un sistema diverso, che si colloca nel regno della possibilità.
    Come lo si può praticamente costruire?

    Attraverso la lotta dura e duratura, che prevede l’alternanza di riflessione filosofica ed azione politica.
    Partendo da questa solida posizione esistenziale, escludo ogni collaborazione con i rassegnati al sistema, che scarico quale zavorra.

    Questi pensieri non sono farina del mio sacco, ma rispecchiano le idee geniali del giovane filosofo Diego Fusaro e del suo maestro Costanzo Preve.
    Per approfondire, suggerisco la lettura di “Minima mercatalia ” di Fusaro, e “Storia critica del marxismo” di Preve.
    Grazie per l’attenzione.

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