Fondi integrativi: Il cavallo di Troia delle privatizzazioni

Pensione-Integrativa-ImcSi resta veramente sorpresi nel leggere le affermazioni contenute nel volantino della FLC Cgil in sostegno dell’accordo sindacale della Pubblico impiego in sanifods.
Si potrebbe polemizzare punto per punto ma questo non coglierebbe il disegno complessivo che si cela dietro la scelta della sussidiarietà fornita dai fondi integrativi, nazionali, territoriali o aziendali che siano.
Basterebbe ricordare che la sanità è un bene inalienabile e non un prodotto qualunque su cui fare profitto.
Certo quello siglato con la PAT non è una novità, molti contratti nazionali prevedono fondi sanitari integrativi e Federmeccanica ne fa il suo cavallo di battaglia nelle trattative per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici.
Purtroppo l’uso dei fondi per privatizzare pensioni, sanità e stato sociale si allarga a macchia d’olio agevolati anche dalla resa culturale dei sindacati confederali che hanno rinunciato a difendere la sanità e le pensioni pubbliche in cambio di qualche poltrona nei consigli di amministrazione di vari fondi integrativi.
La privatizzazione della previdenza e adesso della sanità va a pari passo con la riforma della buona scuola , il finanziamento alla scuole private e con l’entrata delle aziende nei finanziamenti all’università e quindi sono parte di un disegno complessivo di smantellamento del welfare pubblico per darlo in gestioni ai privati.
Se poi prendiamo il fatto che in molti contratti integrativi le erogazioni salariali sono sostituite da forme aziendali come il cosiddetto “carrello spesa” o “carta di acquisto” che permettono alle aziende ed ai lavoratori di non pagare l’Irpef e i contributi sociali i giovani saranno i più penalizzati in quanto con il sistema contributivo i contributi che maggiormente contribuiscono alla pensione sono quelli versati nei primi anni di lavoro.
Questi accordi dal punto di vista culturalmente e sociale contribuisce a sdoganare con il placet sindacale i reati di elusione fiscale e contributiva, mentre dal punto di vista generale questi accordi contribuiscono ad affossare l’attuale stato sociale in essere che, nonostante grosse deficienze, è comunque universale rispetto ad un sistema di welfare privato, costoso e potenzialmente accessibile ai soli occupati.
La privatizzazione dello stato sociale determina una preoccupante frattura fra inclusi (chi lavora) e gli esclusi i disoccupati, i pensionati ed i precari e tendono a legare il lavoratore, mani e piedi, all’interesse dell’azienda lasciando, se richiesto, i diritti fuori dalla fabbrica.
Quindi una scelta che divide fra che è dentro e chi è lasciato fuori dal mondo del lavoro.
Il tutto alla faccia della necessità di dare maggiori tutela dei giovani, dei precari, delle partite iva, ecc. che con queste scelte si tende a penalizzarli ulteriormente..
Infatti in questo sistema, che copia gli aspetti più negativi degli USA determinano una situazione nella quale, quanto il lavoratore perde il lavoro, non perde solo il reddito ma anche tutto il sistema di tutele sociali in quanto non più universali, ma esclusivamente legate alla condizione di occupato.
Deve essere chiaro a tutti che quanto si accetta (come nel caso di sanifonds) che in sostituzione del salario siano erogati “servizi” si accetta di cambiare radicalmente anche la natura stessa del sindacato sostituendo la contrattazione sulle condizioni di lavoro, salariali e retributive dei lavoratori con il ruolo di mero erogatore/gestore di quote salariali che il lavoratore dovrà versare ai fondi per soddisfare la sete di profitto dei nuovi padroni del welfare.
Vine meno il legame fra prestazione lavorativa e salario, fra professionalità e retribuzione e quindi nei fatti si minano le fondamenta della contrattazione (nazionale, territoriale o aziendale che sia) e la stessa Costituzione che prevede per ogni lavoro un’equa retribuzione.
Le dichiarazioni della Cgil sono la plastica dimostrazione della resa culturale del sindacato complice alle logiche di impresa ed alla sete di profitto dei nuovi squali della finanza che si nascondono dietro i gestori dei fondi.
Ezio Casagranda

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