TAV, welfare e occupazione

Sono di qualche giorno fa la dichiarazione del presidente Pacher riguardanti la necessità di accelerare sul Tav del Brennero attraverso l’intervento del Governo in applicazione dell’accordo di febbraio che permetterebbe di usare il famoso tesoretto dell’A22 pari a 400 milioni per poter finanziare le tratte di accesso di Trento e Rovereto.
Ora, non intendo entrare nel merito di quest’opera inutile, ambientalmente dannosa che scaricherà sulle spalle dei nostri figli i costi del debito pubblico generato dal Tav ma richiamare i lettori a riflettere sulle politica provinciale.
Prendiamo ad esempio il “porogettone”. Questa Giunta provinciale nel mentre trova le risorse per finanziare il Tav, l’inceneritore, Metroland, il NOT o la base militare di Mattarello taglia, con l’assenso di Cgil Cisl e Uil, le risorse destinate al “progettone” lasciando centinaia di persone disoccupate e senza prospettive.
Il lavoratore licenziato a cui mancano più di 10 anni dalla pensione.
Infatti, le nuove regole (concertare con i confederali), tra le molte novità negative introdotte prevedono anche che, se un lavoratore viene licenziato a 53 anni ma, a causa delle riforma Fornero, in pensione potrà andarci solo a 67 anni non ha il diritto di entrare nel “progettone” e quindi nei fatti diventa “il nuovo esodato”. Senza lavoro, senza pensione e senza sostegno al reddito.
Un taglio vergognoso che non trova giustificazioni plausibili visto come questa provincia sperpera risorse. Dale grandi operem fino alle consulenze spesso inutili,per finire alle comunità di valle.
Ma che importa, se per centinaia di lavoratori lo spettro di diventare esodato diviene una tragica realtà, per Cgil Cisl e Uil l’importante è aver “concertato” i tagli a questo strumento di welfare trentino, e per la Giunta poter utilizzare parte di queste risorse per finanziare il reddito di garanzia in applicazione della spending review fatta in esclusiva sulla pelle dei più deboli..
Per questo si può sostenere che la PAT è addirittura arrivata a giocare di anticipo sul governo Letta. Infatti così come il governo Letta ha finanziato la cassa in deroga con i soldi della formazione sollevando le critiche del sindacato, la giunta Pacher ha finanziato il reddito di garanzia con i soldi del “progettone” e con l’assenso sindacale.
Forse Letta si riferiva proprio a questo quanto ha detto che “il Trentino è un modello” da seguire in quanto, a differenza di Pacher, le sue scelte non godono del consenso sindacale.
Purtroppo la scelta di spostare risorse dal welfare alle imprese non è solo una prerogativa dell’amministrazione provinciale. Anche il comune di Trento ha voluto dare, con il riacquisto della rete idrica, il suo contributo “regalando” a Dolomiti Energia ben 37 milioni di euro mentre taglia servizi e trasporti..
Anche questa scelta non ha trovato nessuna critica da parte sindacale fatto salvo qualche flebile preoccupazione espressa sul versante occupazionale.
Appare quindi fondata la domanda se in Trentino esiste un sindacato che sappia difendere i lavoratori?
Una domanda ovvia davanti a questa commistione di ruoli o meglio di questo atteggiamento subalterno ed accondiscendente da parte di Cgil Cisl e Uil nei confronti delle politiche provinciali.
Accondiscendenza che, a mio modesto avviso, trova ì suoi fondamenti nel ruolo che i partiti maggiori (PD e UPT) riescono ad avere nelle nomine dei gruppi dirigenti dei sindacati confederali.
Questo intreccio fra partito e sindacato si riversa nelle scelte delle organizzazioni sindacali che, nei fatti, diventano nel loro agire più attente alle convenienze partitiche che alla tutela dei lavoratori.
E alle critiche avanzate da iscritti e delegati si risponde sostenendo che in Trentino “abbiamo abbiano un governo di centro sinistra e quindi necessita un occhio di riguardo” fino a sostenere che “..che bisogna difendere l’autonomia Trentina..”.
Questo modo di agire ha portato le confederazioni a sacrificare la propria autonomia politica e progettuale, la difesa del sistema di servizi a tutela dei lavoratori e dei cittadini più deboli sull’altare della politica.
Non è casuale se in questi ultimi 10 anni non si è mai riscontrata una contestazione da parte sindacale delle scelte di fondo della Giunta provinciale. Dall’Itea, ai trasporti, alle politiche di welfare, ecc.
Basti ricordare che gli stessi scioperi organizzati sui temi della crisi dalla Cgil tendevano ad escludere la provincia dalla protesta arrivando a negare che la crisi abbia raggiunto il Trentino, tanto che Burli in uno dei comizi a conclusione dello sciopero paragonò il Trentino alla Baviera.
A fine anno la Cgil si appresta a fare il suo congresso e resto sempre più convinto che serve una svolta reale ed un cambiamento del gruppo dirigente per ridare alla Cgil la sua capacità di elaborazione, di analisi autonoma e di proposta politica che sappia andare oltre la semplice accettazione delle politiche proposte dalla giunta provinciale.
Ezio Casagranda

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Un commento

  • antonio

    Metroland, base militare di Mattarello e inceneritore, per ora sembrano archiviate nei tempi remoti delle illusioni politiche e affaristiche…per ora. Bisogna concentrarsi – come abbiamo fatto per la base – per far fallire il progetto T.A.V. Se dovessi ascoltare il mio istinto direi che questi “folli” andrebbero sequestrati e messi altrove perchè non nuociano alla collettività. Ma capisco e mi arrendo all’oggetività del presente e assumo l’attegiamento del resistente cosciente che devastare territorio e salute è un crimine intollerabile anche se fosse pagato da loro …ma dato che siamo noi a pagare non abbiamo che un’unica strada da percorrere in senso ostinato e contrario.
    antonio

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