Tagliano il lavoro, finanziano la base militare

 

Leggo sui quotidiani di questi giorni, articoli che parlano di sacrifici e conseguenti tagli alla spesa sociale, ai servizi, alla cultura, alla scuola ecc., sia a livello nazionale che locale.
Leggo sui quotidiani e sento dai telegiornali, che per risanare un precario bilancio statale, saremo costretti a vendere a”privati” le proprietà demaniali e tanti altri patrimoni pubblici di valore artistico e storico.
Leggo poi sulla stampa locale, ( L’Adige di martedì 22 ottobre, pag. 16) in un trafiletto, la ripresa delle operazioni attorno alle così dette “nuove caserme di Mattarello”, con l’assegnazione (a professionisti esterni) dei soliti compiti preparatori che vengono più volte svolti e ri-svolti per ulteriori 80.000 euro, in quanto, cito testualmente, gli uffici provinciali preposti sono “oberati di lavoro”.
Da quello che capisco, l’intenzione, è quella di proseguire con la realizzazione di tale opera, privando sicuramente il bilancio provinciale di più di 217 milioni di euro (ultimo dato noto del 2007). Ricordo che il comitato spontaneo “caserme di Mattarello, no grazie!”, di cui faccio parte, ha svolto un approfondito lavoro di ricerca in merito. Grazie poi alla presentazione di una petizione popolare abbiamo ottenuto una audizione presso la Terza Commissione Legislativa Provinciale, che vista la validità dei nostri argomenti ha dato luogo ad un interrogazione al Consiglio Provinciale. E’ trascorso ormai più di un anno da quell’interrogazione e quasi due dal momentaneo fermo dei primi lavori preparatori in loco. Noto però che nonostante la situazione economica attuale, nonostante i sacrifici che ci vengono chiesti, nonostante tutto, si continua impavidi come sul Titanic, barra dritta verso l’abisso. Ricordo però che i passeggeri di prima classe vennero messi in salvo, i morti furono quelli delle classi inferiori (la pòra zènt). Rimaniamo per il momento con le risposte di allora, che l’operazione è ormai obbligata e comunque nel complesso è conveniente dal punto di vista finanziario e che comunque rimane un opportunità di miglioramento urbanistico. Ora non posso scendere nei particolari della nostra ricerca, richiederebbe troppo spazio, ma molte cose sono successe da allora, vedi “l’accordo di Milano”, i recenti pesanti tagli al bilancio provinciale previsti dalla manovra di stabilità, oltre alla insistente messa in discussione delle nostre peculiarità derivanti dallo Statuto di Autonomia. Credo che il tutto abbia modificato sostanzialmente i rapporti istituzionali con il governo centrale, non scordando che le ultime novità (nuovo governo) potrebbero aprire forse nuovi scenari, dei quali però non possiamo prevederne gli esiti. Invece inviterei tutti, amministratori compresi, a farsi un giro in zona, osservare la ricchezza di un terreno alluvionale, guardare come “capusi, verze, salata, radìcio, pomi e peri” crescono rigogliosi da quella terra. Ricordiamoci che in Trentino di così fertile e comoda da lavorare ce n’è veramente poca (2-3 % dell’intero territorio provinciale). Dopo aver ragionato di finanza, urbanistica e politica penso ancora che l’essenza del problema sia tutta lì: salvaguardare terra e campagna.
Per chi fosse interessato a ripercorrere la questione dal 2007 ad oggi può visitare il blog trentomilitarenograzie.blogspot.com

Tesssadri Franco

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Un commento

  • Lorenza erlicher

    una proposta chemi piacerebbe lanciare per utilizzare in modo più utile quei 27 ettari ormai espropriati. Mi paocerebbe potesse nascerci il “parco del grano”, dove reintrodurre in trentino la coltivazione bilogica dei cereali di base della nostra alimentazione, magari recuperando le varietà più antiche che danno meno problemi di intolleranze come il farro e il kamut.
    Non sono agronoma e non so se sconomicamente la proposta sarebbe redditizia, so che il grano si mangia, i militari e le armi no..
    ciao Lorenza

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