Siria, attacco chimico e nuovo caso Powell

Prendiamo a prestito dal blog intelligonews:le interviste della civetta l’intervista a Diego Fusaro da parte del giornalista Stefano Ursi che ci sembra riassumere in poche righe la situazione in Siria.
La redazione

Siria, prove Usa attacco chimico. Fusaro: ”Nuovo caso Powell. Preparano opinione pubblica”.

Militari e intelligence Usa avrebbero intercettato comunicazioni fra militari siriani ed esperti sulla realizzazione dell’attacco chimico. Questo quanto ha riferito la CNN citando una fonte ufficiale americana, la quale, però, avrebbe precisato che gli Usa non sarebbero stati al corrente preventivamente dell’attacco e che le intercettazioni sarebbero parte di materiali raccolti costantemente nelle zone di Siria e Iraq. Siamo di fronte alle prove dell’attacco chimico? C’è il rischio concreto di un intervento militare americano in Siria? IntelligoNews ha fatto queste domande al filosofo Diego Fusaro, che in proposito ha pochi dubbi: ”La storia che si ripete è sempre la stessa dal 1989 ad oggi. Gli Stati Uniti che devono attaccare i non allineati ma non possono presentarlo come imperialismo, e dunque devono mostrare, come dicevo prima, il ‘casus belli’, facendo sì che il loro attacco sia legittimato”.

Crede alle intercettazioni in cui si parlava della preparazione dell’attacco con i gas in Siria?

”No, credo che siamo di fronte ad una realtà mediatizzata, ritagliata ad hoc per preparare il consenso da parte dell’opinione pubblica all’interventismo imperialistico presentato come gesto umanitario”.

Quindi, mi pare di capire, Lei crede che l’intervento alla fine ci sarà?

”Certo che sì, ne sono convinto. A meno che la Russia di Putin non faccia il suo ruolo e non ceda alla potenza atlantista”.

Se, come si legge sui media, i preparativi del presunto attacco chimico sono stati intercettati, allora perché non si è intervenuti subito per fermarli? Anche le le fonti dicono che gli Usa non sarebbero stati al corrente preventivamente dell’attacco.

”Una domanda più che sensata, ma è ormai risaputo e chiaro che il modo migliore per aaggredire è fingere di essere stati aggrediti. Il modo migliore per aggredire in maniera legittima è fare in modo che ci sia il cosiddetto ‘casus belli”’.

Questa storia fa tornare in mente, in qualche modo, l’immagine di Colin Powell nell’atto di mostrare le prove delle armi chimiche di Saddam Hussein?

”Sì, e la storia che si ripete è sempre la stessa dal 1989 ad oggi. Gli Stati Uniti che devono attaccare i non allineati ma non possono presentarlo come imperialismo, e dunque devono mostrare, come dicevo prima, il ‘casus belli’, facendo sì che il loro attacco sia legittimato”.

Cosa emerge dagli incontri di Tillerson prima con Lavrov e poi con Putin?

”E’ difficile dire cosa emerga da questi incontri, più che altro la posizione di Putin è la più inquietante e ambigua: non si capisce cosa voglia veramente fare, se resistere e stare dalla parte di Assad o se invece voglia fare il Ponzio Pilato della situazione e appoggiare in qualche modo Trump. Lì, se così vogliamo dire, ‘si varrà la nobilitate di Putin’. Se saprà stare con Assad e resistere alla mondializzazione a stelle e strisce”.

Intervista a cura di Stefano Ursi
Fonte: le interviste della civetta

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