Serve la PATRIMONIALE

Partiamo da un dato. Nè la manovra di luglio né la manovra bis di agosto prevedono interventi nei confronti di quanti vivono di rendita o sono proprietari/detentori di enormi ricchezze. Se escludiamo la parificazione del prelievo sui profitti finanziari alle correnti aliquote europee non è prevista nessuna tassa sulle seconde case, ma soprattutto nessuna tassa sui patrimoni, sulle rendite speculative e finanziarie.
Per giustificare questa scelta ci hanno spiegato che tassare i patrimoni risulta difficile perché molti beni non compaiono nella dichiarazione dei redditi. Un meccanismo che permette a molti ricconi di non pagare il famoso “contributo di solidarietà”.
Davanti ad una simile situazione sorge spontanea una riflessione. In Italia esiste un’evasione fiscale vertiginosa, che supera di molto le stime di 200 o 300 miliardi l’ anno e questo rende ineludibile una riforma fiscale seria, equa e quindi con aliquote progressive. 

Una riforma che sappia sfidare la destra, ed il PD sul problema della lotta all’evasione ed elusione fiscale con una riforma capace di raggiungere tutti i redditi, i patrimoni e le rendite presenti sul territorio nazionale. Non possiamo continuare a tollerare che anche in questa situazione di crisi “epocale” per troppi italiani, furbi e furbetti, la parola “tasse” continui ad essere, fra scudi e condoni, sinonimo di evasione ed elusione fiscale.

Se la patrimoniale non è compresa fra i i sette punti della contromanovra illustrata da Pierluigi Bersani per il PD allora anche anche l’opposizione e la contrarietà alla manovra da parte della sinistra in generale appare poco credibile.

Infatti, fra i sette punti chiave della contro manovra del Partito democratico si prevede il supplemento d’imposta del 10% sui capitali “ripuliti” grazie allo scuso fiscale (il governo propone 1,2%) ma non una PATRIMONIALE VERA, che colpisca in modo permanete le grandi ricchezze ed i grandi patrimoni, personali ed aziendali presenti sul territorio nazionale anche se di proprietà di società estere o con sede nei paradisi fiscali.
Come, sempre nei sette punti, non si vede la proposta di ripristinare, con esclusione della casa di abitazione, l’ICI (a proposito di federalismo fiscale) attraverso una tassazione progressiva in relazione al valore reale, non catastale, dell’immobile, compresi quelli, non religiosi, della varie Chiese o aggregazioni religiose.
Non si può essere reticenti su questo terreno sia perché sarebbe un grave errore politico e culturale oltre che l’ennesima dimostrazione delle difficoltà della sinistra parlamentare ad uscire dal vincolo del “pensiero unico” della BCE e della finanza internazionale, facendo una scelta netta, chiara e di classe a favore dei ceti sociali più deboli e svantaggiati che sono i lavoratori dipendenti e la maggioranza dei cittadini.
Ezio Casagranda

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