Sacconi:usa la crisi per colpire il lavoro

Mentre il duo Brunetta Tremonti sono impegnati a tagliare diritti e retribuzione degli Statali, eliminare i sussidi agli anziani non autosufficienti, il ministro Sacconi completa il trio introducendo nella manovra di soppiatto l’abolizione dell’articolo 18 ed i licenziamenti senza giusta causa.
Infatti nella manovra viene recepito il “metodo Marchionne” attraverso la ratifica gli accordi illegittimi di Pomigliano e Mirafiori, l’adozione dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, che all’art. 7 permette il concreto aggiramento all’interno degli accordi aziendali non solo delle norme dei contratti nazionali, ma perfino delle tutele dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Giustamente Luca Telese sul “Fatto quotidiano” di oggi scrive che “C’è qualcosa di grottesco e beffardo nel fatto che il ministro Sacconi abbia partorito questo prodigio di controriforma quasi in segreto, di soppiatto, con un apparato di codicilli infilati ad arte nella finanziaria “lacrime e sangue” nascosti e quasi occultati, come certe procure estorte ai parenti con firma tremante sul letto di morte”.
Beffarda e vergognosa perché questa ostinazione di Sacconi, (ex socialista) nel fare a pezzi lo Statuto dei Lavoratori, il sistema dei diritti costruito in anni di lotte operaie e ogni forma di libertà in fabbrica oltre a non portare un euro in più nelle casse dello Stato risponde ad una scelta ideologica, di pura vendetta contro lavoratori e precari che hanno avuto il coraggio di opporsi al sistema del “pensiero unico”.
Ma questa animosità ideologica, mista a cinismo, di un ministro che ha fatto della cancellazione dell’articolo 18 la sua ragione di vita, vuole mandare un messaggio politico chiaro ed inequivocabile. La contrattazione sindacale deve “cambiare pelle” ed adeguarsi alle esigenze delle imprese. Dalla contrattazione sui contratti alla contrazione dei diritti passando per una riduzione delle tutele “nel” rapporto di lavoro in cambio di non ben precisate tutele “fuori”dal lavoro che molti chiamano flexisecurity.
Pensare che uno scambio di questo genere possa servire a rilanciare l’occupazione o il sistema industriale non solo è una pia illusione oltre che un grave errore politico.
Per questo non posso non rilevare l’imbarazzante posizione della Cgil che oggi invoca giustamente lo sciopero generale che mal si concilia con la firma apposta dell’accordo del 28 giugno 2011. Un accordo che prevede non solo la rincorsa al ribasso dei diritti del mondo del lavoro ma spiana la strada (Sacconi docet) ad scelte eversive che rischiano di cancellare decenni di conquiste sindacali e sociali.
Siamo davanti ad una situazione sociale è molto grave e la risposta della sinistra, dei movimenti, ma sopratutto sindacale appare divisa, debole ed insufficiente per opporsi alle politiche di questa macelleria sociale fatta in nome dei mercati.
Per questo ritengo sbagliato che ognuno continui a marciare da solo, nelle proprie convinzioni davanti ad una delle crisi peggiori che la nostra generazione abbia mai conosciuto e che governo, imprese, speculatori e poteri forti vogliono farci pagare a caro prezzo, sia in termine di occupazione, libertà, democrazia, privatizzazioni selvagge, distruzione dell’ambiente e cancellazione dello Stato Sociale.
Uniamoci per individuare nuove forme di aggregazione, di inclusione perché la lotta per cambiare questa manovra e le sue conseguenze sarà lunga e difficile.
Ezio Casagranda
Trento. 19 agosto 2011

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