Ricordo di un rivoluzionario

Riceviamo da Antonio marchi questo toccante ricordo di Humberto Vázquez Viaña che volentieri pubblichiamo per riflettere sul significato di rivoluzione e della necessità di superare il capitalismo.
La Redazione
Humberto Vázquez Viaña è morto per un tumore il Primo maggio, alle 10 di sera. Al suo fianco la compagna Lola. Perdiamo uno degli ultimi testimoni partecipi della guerriglia del Che in Bolivia e perdiamo un raro esempio di intellettuale capace di dire la verità, tutta la verità, incurante dei nemici che ciò gli avrebbe potuto procurare (e che effettivamente gli procurò per molti anni).
Perdiamo un uomo buono, disinteressato, onesto, ma tenace, combattivo, polemico. Perdiamo un raro esempio di devozione alla causa rivoluzionaria incurante dei vantaggi che gli avrebbe potuto garantire la società dello spettacolo in Europa come in America latina. Perdiamo un esempio di vita intellettuale al quale dovrebbero ispirarsi le nuove generazioni di storici e studiosi dei movimenti rivoluzionari.
Humberto Vázquez Viaña (nato nel 1937 a La Paz, ma residente a Santa Cruz de la Sierra) era figlio del celebre storiografo boliviano Humberto Vázquez Machicado. Aveva compiuto i suoi studi in Germania, Romania e Francia; era ricercatore dell’Istituto latinoamericano di Stoccolma, dove aveva vissuto per alcuni anni, laureandosi in Scienze politiche (1971) e Sociologia (1972) all’Università di Parigi VIII.
Si trovava come studente a Bucarest, nel 1966, quando suo fratello Jorge («El Loro», «Bigotes», il celebre guerrigliero che verrà poi ucciso) si mise in contatto con lui per organizzare la guerriglia del Che in Bolivia, insieme a Roberto Coco Peredo, Rodolfo Saldaña, Julio Méndez. Humberto fu parte della rete urbana, insieme a Tania, Loyola Guzmán e pochi altri. A dicembre del 1966 fu Humberto che andò a prendere Mario Monje alla frontiera argentina per condurlo all’incontro con il Che a Ñancahuazú. Il primo gennaio del 1967 il Che annotò nel suo Diario che Humberto doveva restare a La Paz, per lavorare nella rete urbana, insieme a Loyola, Tania e Rodolfo.
E fu Humberto che fece giungere a Fidel il messaggio cifrato n. 2 di Guevara e diffuse i due appelli dell’Eln.
Dopo la morte del Che, Humberto si rifugiò in Messico e poi a Cuba, dove ricevette un addestramento guerrigliero e rimase fino al dicembre del 1969. Dopo la morte di Inti Peredo, però, Humberto capì che non c’era più alcuna possibilità di costruire una guerriglia in Bolivia. Uscì quindi dall’ELN ormai avviato verso il tragico fallimento della guerriglia di Teoponte e scrisse Bolivia. Ensayo de Revolución continental (pubblicato a Parigi nel 1971).
Da quel periodo iniziò una sua riflessione profonda e documentatissima sulle vicende della guerriglia boliviana, che fece di lui una personalità teorica eterodossa, scomoda, sincera al punto di provocargli molte inimicizie. Ma Humberto credeva che solo la verità fosse rivoluzionaria e a quella ha dedicato il resto della sua vita. Con lui abbiamo perso uno degli ultimi sopravvissuti della guerriglia del Che, ma anche il principale studioso di quella vicenda. E’ un pezzo di storia che se ne va con lui…
Per capire l’impegno profondo di Humberto basta guardare i titoli dei suoi ultimi lavori: Una guerrilla para el Che (2000, tradotto in Italia da Antonella Marazzi per Massari editore); Dogmas y herejías de la guerrilla del Che (2011);
“Mi campaña junto al Che” atribuido a Inti Peredo, es una falsificación (2012, ma sulla base di un primo testo del 1970); Combas, Collas y Chriguanos en la guerrilla del Che (2012);
Del Churo a Teoponte. El traumático nacimiento del nuevo ELN (2012). E chi gli è stato vicino sa che questi lavori sono stati compiuti quando Humberto era ormai quasi completamente cieco, grazie all’aiuto della sua coraggiosa compagna Lola, ma grazie anche al sostegno medico-strumentale datogli dal governo svedese, il paese in cui aveva trovato asilo politico.
Humberto è stato membro fondatore della Fondazione Guevara e uno dei più appassionati collaboratori ai Quaderni della Fondazione (era membro attivo della Redazione internazionale). Ha partecipato a 3 incontri annuali della Fondazione in Italia, paese dove si stava costruendo una terza patria di amici a lui molto cari, dopo la Bolivia e la Svezia. Ma l’impegno di Humberto per la rivoluzione, per la fine del capitalismo e per l’inizio di una nuova società libera e libertaria è stato dimostrato definitivamente dalla sua adesione convinta a Utopia Rossa,  e dalla sua assunzione di una piena responsabilità come membro della Redazione internazionale di Utopía Roja come rappresentante della Bolivia.
Personalmente ho perso un grande amico e compagno. Un’amicizia cominciata nei vari incontri con la Fondazione Ernesto CHE Guevara. Proseguita negli anni della comune battaglia per ristabilire la verità – quella vera e incurante di qualsiasi compromesso diplomatico – sulla vicende del Che in Bolivia e altre vicende latinoamericane.
A Trento ho avuto l’onore e il piacere di accompagnarlo nella Facoltà di Sociologia a presentare i suoi libri critici sull’avventura del CHE in Africa e in Bolivia in un pieno di attenzione e meraviglia e in varie conferenze a Jesi e Alessandria. Ovunque Humberto ha lasciato tracce che non verranno cancellate tanto facilmente.
Humberto è morto, ma i suoi libri vivono e vivranno fintantoché gli uomini e le donne che vogliono cambiare il mondo sentiranno la necessità di trovare una spiegazione razionale ed esauriente alle tante sconfitte del passato, tra le quali fondamentale quella del Che in Bolivia.
Humberto querido
Hasta siempre…

Antonio Marchi

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