Renzi: fra Contratto Nazionale e referendum Costituzionale

chimiciCCNLStiamo per dare via l’ultimo pezzo dell’argenteria di quanto resta della tutela del lavoro in Italia: il contratto nazionale. Così scriveva ieri Il Fattoquotidiano, uno dei pochi giornali che riportava questa notizia nell’ambito della cronaca del summit a Ventotene della Merkel, Hollande e Renzi.
Ricordiamo che la famosa lettere della BCE del 2011 – che ha sostituito Berlusconi con Monti – generando la famigerata riforma Fornero conteneva, fra le tante, anche la richiesta di spostare la contrattazione dal CCNL ai contratti aziendali..
Ora Renzi si propone, dopo il job act, le privatizzazioni (con al riforma Madia) dei servizi pubblici, si propone di obbedire anche all’ultimo ordine della BCE: cancellare il contratto nazionale per sostituirlo con i contratti aziendali e per questa via comprimere ulteriormente i salari dei lavoratori.
Il tutto per avere da parte della Commissione europea lo sconto sul minor deficit da realizzare nel 2017 (tradotto aumentare il debito pubblico) per poter inserire in finanziaria qualche manciata di euro ai fini elettorali in vista del referendum sulla schifoma Costituzionale targata Boschi/Verdini.
Naturalmente il tutto sarà accompagnato anche da norme finalizzate a limitare ulteriormente il diritto di sciopero e la possibilità da parte dei lavoratori di contestare gli accordi siglati dalla triplice, la riforma della scuola o i processi di privatizzazione dei servizi, della sanità e dei beni comuni come l’acqua che il governo Renzi ha deciso di privatizzare in spregio al referendum del 2011.
La cancellazione del contratto nazionale sarà, come il decreto Berlusconi del 2008 lo è stato per Marchionne, il viatico per le aziende per cancellare i minimi contrattuali nazionali e quindi cancellare un principio fondamentale che a parità di lavoro deve esserci parità di salario.
Un principio che purtroppo a causa della corresponsabilità dei sindacati confederali è già fortemente sotto attaccato attraverso i contratti di ingresso e/o d’inserimento, degli stage, o per i giovani con contratto a termine e/o interinali ma, che fino ad ora riduzioni di salario a tempo determinato e che Renzi vuole rendere strutturali.
Non ci sarà più l’argine dei contratti nazionali che rappresentano il limite sotto il quale non si possono ridurre il salario dei lavoratori delle lavoratrici e quindi la contrattazione “a perdere” (l’unica che interessa le aziende) non avrà più limiti.
I lavoratori saranno costretti ad accettare (ricattati dalla libertà lasciata alle aziende) dei contratti aziendali che riducono/cancellano quote di salario aggiuntivo come la quattordicesima, salario certo sarà trasformato in variabile (con la scusa della fiscalizzazione) come è avvenuto in molti contratti aziendali ed anche nel contratto del Progettone del 18 maggio scorso,oggi fortemente contrastato dai lavoratori.
Come prenderà vigore la concorrenza al ribasso su salario e diritti fra le varie aziende dei gruppi industriali in nome della concorrenza e della competitività di sito. Infatti a come per il governo anche per le aziende l’unica variabile su cui agire sono il salario ed i diritti dei lavoratori.
Questo spiega perché la Confindustria (con supporto della Cisl) ha deciso di votare Sì al referendum costituzionale del prossimo autunno.
Contrastare questa deriva reazionaria non è solo necessario ma indispensabile ma la sola lotta non può bastare se passa il referendum costituzionale e questi signori avranno pieni e incondizionati poteri. Per contrastare il disegno renziano di “rottamare i contratti”, oltre alla lotta dobbiamo usare il voto e quindi votare e far votare NO al referendum costituzionale.
Questa è la sfida che abbiamo davanti, una sfida non possiamo perdere.
Ezio Casagranda

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