Ravenna NO CMC – il giorno dopo

Il sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci ha accolto la manifestazione contro la Cooperativa Cementisti e Muratori preparando un clima di intimidazione e paura che ha sortito esiti diversi da quelli sperati.
I circa 80 movimenti e comitati radunatisi attorno allo slogan Lottiamo per la Terra e per la Libertà si sono incontrati a Ravenna e hanno sfilato per le sue vie pacificamente, in modo creativo ma deciso. Hanno portato i loro messaggi nelle brevi soste deputate agli interventi.
Hanno volantinato lungo tutto il percorso incontrando e informando i cittadini ravennati. Hanno distribuito sacchetti di semi con messaggi, persino alla moglie del sindaco. Hanno deposto piantine e semi di fronte ai cancelli della Cmc, risoluti a lavorare insieme affinché al vertice della piramide economica si sostituisca al profitto il benessere individuale, sociale e ambientale.
Ancora una volta la Cmc si sarà vista costretta a distruggere un lembo di terra, vivo e seminato.
Simbolico certo, ma per questo ancor più pericoloso, perché è con i simboli che l’essere umano comunica ed è con il dialogo che salda rapporti attorno a idee portanti e condivise. Dietro a ogni No vanno letti i numerosi Sì che ciascun movimento vorrebbe poter dire per uno sviluppo diverso, per una diversa economia, a salvaguardia di una sostenibilità disattesa e un ambiente portato al limite del collasso.
Non sono i movimenti contestatori a essere isolati, ma le lobby politico finanziarie attraverso cui si muovono agilmente aziende e cooperative come la Cmc, a discapito dei cittadini, della salute e dell’ambiente. Nessun partito, nessun sindacato, soltanto cittadini. Attorno a loro si sono rincorse le voci sempre più isolate di sostenitori bipartisan (dal Pd al Pdl, da Rifondazione all’Anpi): appunto di tutti gli esclusi, i partiti.
Lo striscione Cmc devastatori della Terra ha aperto la manifestazione, perché il messaggio fosse forte e chiaro. Il corteo è sfilato in una città blindata, tenuta sotto assedio da uno spropositato schieramento di Polizia e Carabinieri in assetto antisommossa disposto di fronte e sui fianchi, a chiudere ogni singolo possibile passaggio verso vie laterali. Si è visto un primo negozio aperto lungo i chilometri di tragitto soltanto nei pressi del primo passaggio a livello di stazione, un tabaccaio a circa duecento metri dalla conclusione della manifestazione. Confesercenti e Confartigianato chiederanno conto della necessità di costringere gli esercenti asserragliati nei negozi serrati e bui, a far capolino ogni tanto da una porta o tra le tende a perline di un supermercato, per accorgersi che non era scoppiata una guerra.
Gli elicotteri c’erano, mancavano i cecchini sui tetti.
Eppure, nonostante un percorso periferico, esterno al centro cittadino, la città era alle finestre e sui balconi, ogni balcone una videocamera o una macchina fotografica, un saluto. Era ai lati delle strade infiorate di passanti e biciclette, di chi scendeva da casa per ricevere un sacchettino di semi. Eppure, tra i pochi che rifiutavano un volantino erano in molti a riceverlo con un sorriso e inaspettatamente moltissimi a richiederlo.
Eppure il sindaco Matteucci, in una dichiarazione resa in serata al Resto del Carlino, parla di insuccesso. Comprensibile, non poteva essere diversamente.
Circa duemila persone che sfilano in una città sonnecchiosa e intorpidita dal benessere, volutamente intimidita dalla propaganda non sono una kermesse auspicabile. Non è prevedibile che i cittadini si auto organizzino, amalgamandosi attorno a pensieri e speranze comuni, comuni intenti e parole d’ordine che guidano le singole lotte.
Non è prevedibile che tutto ciò avvenga fuori dalle logiche di partito, tra la gente comune e che rimbalzi in rete su oltre 150 pagine tra articoli, interviste, lanci giornalistici, semplici collegamenti, lettere al direttore, dirette durante la manifestazione, filmati, collezioni di fotografie ecc.
Forse nel vecchio mondo tutto ciò non poteva accadere. In quello in cui i movimenti di cittadini già vivono sì.

Massimo Bonato – TG Maddalena

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Un commento

  • Ezio

    Riporto le parole di un manifestante che con chiarezza fa piazza pulita delle strumentalizzazioni dei vari partiti del centro sinistra che strumentalizzando la fame di lavoro hanno solo difeso la CMC .
    “Ma noi non siamo solo contro la Cmc. Siamo contro un modello economico che divora il territorio e riempie tutto di cemento e grandi opere”. “Perché questa manifestazione? Perché non ci si può più riparare dietro la scusa del lavoro – spiega il torinese Massimo Bonato – Qualsiasi flusso di denaro, anche il più sporco, genera lavoro. Poi però bisogna vederne gli effetti. Cmc è entrata in appalti dannosi per l’ambiente e le persone. In Val di Susa c’è un’intera comunità che non li vuole”. “Hanno tradito i valori della cooperazione – ha rincarato la dose Comizzoli – Da anni ci battiamo contro l’Alta Velocità. E’ ora di chiamare in causa chi materialmente fa gli scavi e cementifica le valli”.
    “Contro i devastatori della terra. Dalla Valle di Susa, passando per il Mugello, arrivando fino in Sicilia i grandi affaristi violentano la terra cementificando, perforando, scavando e inquinando. Calpestano la possibilità di una vita libera, felice e condivisa, sacrificandola alle logiche di poteri forti che muovono fili invisibili per asservirci ai loro scopi: i loro profitti, quelli che non bastano mai. Fra i responsabili spiccano Impregilo, Eni, Todini e non ultima la Cmc di Ravenna”.

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