Pomigliano: una sentenza che parla a tutti noi

Il giudice del lavoro di Roma ha accertato il comportamento discriminatorio della Fiat di Pomigliano ed ha condannato il Lingotto alla ‘riassunzione’ di 145 operai iscritti alla Fiom.
Una condanna esemplare per aperta discriminazione messa in campo dalla Fiat nei confronti degli operai iscritti alla Fiom a Pomigliano. Una sentenza che dovrebbe restituire un poco di stato di diritto nelle fabbriche Fiat dove Marchionne, con un accordo separato ha escluso la Costituzione e il sindacato più rappresentativo della categoria.
Infatti, la multinazionale dell’auto utilizzando un accordo firmato con i sindacati complici (Fim Uilm Ugl e Fismic) ed il silenzio del governo, di Napolitano e del PD ha operato, nelle assunzioni nella nuova Fabbrica Italia, una vera e propria esclusione scientifica dei lavoratori iscritti alla Fiom,.
Questa vergogna nazionale viene così palesemente smascherata e dovrebbe riempire di vergogna non solo i vertici Fiat, ma anche il governo, Napolitano e le principali forze politiche parlamentari che, di fronte a tale sconcertante evidenza, hanno taciuto e coperto questi atti discriminatori in contrasto con le libertà sindacali e personali garantite dalla Costituzione.
La vicenda di Pomigliano evidenza comunque a che punto è la democrazia italiana. Nelle fabbriche si cerca di estirpare alla radice i valori costituzionali per rendere il lavoro non un diritto ma una concessione del padrone ed i lavoratori semplice merce da spremere come limoni.
In questo contesto il silenzio del PD e di Napolitano pesano come macigni su questa lotta dei lavoratori di Pomigliano. Il loro imbarazzato silenzio è però eloquente del fatto che hanno assunto i liberismo come la loro nuova religione buttando al macero le lotte dei lavoratori.
Ma questa condanna della Fiata parla anche alla Camusso la quale dovrebbe riflettere sul significato e la portata politica della sentenza perché conferma una volontà di lotta da parte dei lavoratori i quali non sono disposti ad accettare la cancellazione di diritti fondamentali e di essere subordinati alle logiche dei partiti e del PD.
Questi lavoratori hanno deciso di difendere la loro dignità a costo di perdere il posto di lavoro, hanno scelto di fare una battaglia di civiltà per tutti noi e per l’intero paese. Per questo appare grave che la risposta della Cgil, al di la delle formalità di rito, sia stata la revoca dello sciopero generale contro la manomissione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori per la ricerca dell’unità sindacale con quei sindacati che sono stati gli artefici dell’accordo su cui la Fiat ha fondato la sua politica di discriminazione nei confronti dei militanti e degli iscritti alla FIOM.
Una revoca dello sciopero che appare non solo come una resa del sindacato alle scelte del PD ma un vero schiaffo alla volontà di lotta dei lavoratori di Pomigliano.
Purtroppo, nonostante la determinazione della Fiom, la scelta della Cgil non è mai stata quella di assumere la lotta di questi lavoratori contro le politiche della Fiat, come punto dirimente della sua politica sindacale. Questo lo si è visto con le dichiarazioni sul referendum di Pomigliano e di Mirafiori e dei vari tentativi, per fortuna respinti dalla Fiom, di andare alla firma “tecnica” di quegli accordi che un giudicare ha ritenuto discriminatori nei confronti degli iscritti alla Fiom Cgil.
Noi continueremo ad essere a fianco dei lavoratori che lottano.
Ezio Casagranda

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