OLIVI non incanta

L’articolo dell’Assessore Olivi apparso sul giornale L’Adige del 14 febbraio 2012 merita qualche considerazione dato che anche lui non perde l’occasione per attaccare l’articolo 18 come causa di tutti i mali. Olivi infatti sostiene che la discussione sul mercato del lavoro non deve appiattirsi sull’articolo 18. Per lui deve essere abrogato e basta.
Infatti dice testualmente che “la precarietà può concorrere ad aumentare la produttività del sistema soltanto se la flessibilità in uscita (licenziamenti) viene spalmata fra tutti i protagonisti del mercato del lavoro”.
Non contento incalza sostenendo che se “abbiamo il peggiore mercato del lavoro” , non è per l’alta precarietà,(sic) ma per il “maggior tasso di disoccupazione permanente”, di lavoro nero e di esclusione dei giovani e delle donne.
Queste affermazioni sono chiare: Dare alle aziende la libertà di licenziare ed assumere a piacimento, permettendo loro di rendere interscambiabili i lavoratori dando la possibilità di licenziare i vecchi per sostituirli con giovani che sono più disponibili ma sopratutto costano meno.
Infatti, Olivi, cosa propone per i giovani? Apprendistato in tutte le sue varianti: dal “professionalizzante”, “per la qualifica”, “alto” ecc. senza porsi il problema che forse, più che forme di apprendistato, servono lavori altamente qualificati che sono possibili grazie solo con forti investimenti nella ricerca, nell’innovazione e nei servizi alla produzione. Ma su questo terreno il suo ragionamento resta generico e quindi indefinito nei contenuti.
Anche Olivi, come Rossi sui temi del lavoro seguono l’onda lunga di un neoliberismo che ha fallito su scala mondiale. La crisi, infatti è figlia di quella politica economica che ha praticato la finanziarizzazione delle imprese, che teorizzava che si potevano fare profitti anche senza produrre condannando il sistema industriale italiano ad una competizione sulla compressione dei costi anziché sull’innovazione.
Olivi, non dice che oltre il 80%, della poca ricerca fatta sul territorio italiano, è finanziata con soldi pubblici e che le imprese, a differenza di quelle europee, non sono propense ad investire in innovazione. Che la speculazione bancaria (cooperazione compresa) stanno strangolando le imprese sul versante del credito (dati CGIA di Mestre) in quanto preferiscono investire in BTP anziché nel rischio d’impresa?
Per non parlare del costo dell’energia. Ma gli investimenti, sia pubblici che privati, nel settore delle rinnovabili sono ridotti al lumicino e questa Giunta anziché utilizzare le risorse dell’autonomia per grandi progetti di risparmio energetico (vedi fotovoltaico, eolico, e la coibentazione delle case, casa clima , ecc) preferisce sperperare miliardi in opere inutili e devastanti come Il TAV o Metroland. Anziché puntare ad un’assistenza sanitaria di prevenzione sul territorio preferisce costruire in NOT (nuovo Ospedale) che è un doppione e renderà la sanità provinciale trento-centrica con un conseguente degrado della realtà ospedaliere periferiche.
Più interessante, anche se da approfondire, appare invece il suo richiamo ad un “garantire maggiore equità al sistema di welfare attraverso misure universalistiche e svincolate dalle condizioni di dipendente dall’impresa”.
Su questo terreno chiedo all’assessore di fare il passo successivo e di lavorare per una proposta di legge sul reddito di cittadinanza in Trentino. Purtroppo, non per essere maligno, ma penso che per Olivi il tutto rientri nella classica politica dei dei due tempi (la cosidetta flexsicurity) insita nel contratto unico di Tito Boeri, prima la libertà di licenziare poi, con calma e se le risorse lo permetteranno si vedrà il sostegno al reddito.
Questa strada non è percorribile in quanto l’articolo 18 è per i lavoratori non è una questione economica, ma una questione di dignità e di libertà. Per questo ricordo ad Olivi, che l’articolo 18 non ferma gli investimenti, ma permette al lavoratore di difendere la sua dignità evitando che nelle fabbriche, sul modello Marchionne, si arrivi ad una specie di pulizia etnica per quei lavoratori che rivendica diritti costituzionali.

Ezio Casagranda

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