Marchionne, sindacati e politica

A tre anni dal referendum di Pomigliano l’Italia sembra accorgersi che il grande Manager della Fiat ha bluffato, ha usato lo specchietto del progetto “fabbrica Italia” per scardinare diritti, contratti, leggi e la stessa Costituzione per ribadire che in fabbrica comanda solo il padrone e che l’unico ruolo sindacale riconosciuto è quello dell’accettazione passiva delle scelte aziendali. Il tutto dentro una logica corporativa e aziendalisti che mette lavoratori contro lavoratori in una spirale perversa che ti fa perdere ogni diritto e dignità.
La Fiom, lasciata sola dal PD e isolata in Cgil, è stato l’unica che da subito ha intravisto il grande inganno di Marchionne nei confronti dell’intero paese.
Ora che il progetto Fabbrica Italia si è liquefatto appare alquanto ridicola la dichiarazione di Fassino, sindaco di Torino e grande ammiratore – assieme a Renzi – di Marchionne, secondo la quale la Fiat si sarebbe impegnata ad operare per “non creare uno choc” al paese. Infatti la Fiat sembra voler progettare un’uscita progressiva dall’Italia con chiusure dilazionate nel tempo. Prima Termini Imerese, poi la CNH di Imola e poi l’Iribus. Quale sarà la prossima fabbrica che chiuderà???
Due esponenti del padronato hanno criticato fortemente la Fiat. Il primo (Diego Della Valle) ha definito Marchionne “un furbetto del quartierino” che ha fatto scelte guardando ai suoi interessi anziché a quelli del paese. Il secondo Cesare Romiti quando ha sostenuto che “quando un’azienda automobilistica interrompe la progettazione vuol dire che è destinata a morire”. E la Fiat da anni non produce nuove tecnologie o nuovi modelli da prodotti in Italia.
Inoltre per Romiti “uno dei principali colpevoli è il sindacato assente che, tranne la Fiom, non hanno fatto nulla” per contrastare le scelte del management il quale ha puntato sulla rottura sindacale, sulla compressione del costo del lavoro e dei diritti anziché sull’innovazione con dei risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Responsabilità in prima persona di Bonanni e Angeletti, che pur di sedersi al tavolo hanno bevuto tranquillamente la favola del “progetto Italia” e oggi balbettano frasi senza senso incapaci di nascondere la loro umiliazione personale e di organizzazione. Usati e poi rottamati da Marchionne.
Ma anche la Cgil ha grandi responsabilità ed in particolare la segretaria Camusso la quale non riuscendo ad “obbligare” la Fiom a sottoscrivere gli accordo di Pomigliano, di Mirafiori e poi l’accorso del settore ha tenacemente operato per isolare la Fiom a tutti i livelli, sia nazionale che locale, ha cercato di utilizzare il congresso per dividerla, ha usato il referendum incostituzionale per obbligare la Fiom alla firma, ha mandato avanti i suoi accoliti politici, da Fassino a Renzi passando per Fassina e Bersani per dire che “loro avrebbero votato si” che era un voto a favore del lavoro, dello sviluppo e dell’occupazione. Se poi questo costava ai lavoratori rinunce a diritti fondamentali, come la pausa, la mensa, il diritto di sciopero, e la cancellazione della contrattazione a Camusso e compagni non è mai importato più di tanto.
Oggi che Marchionne ha svelato il suo vero volto la Camusso non può cavarsela con una dichiarazione “ ha preso in giro l’Italia” che se anche pesante rimane sempre una dichiarazione.
La Segretaria della Cgil deve avere il coraggio ci ammettere i suoi errori schierando l’intera organizzazione a fianco della Fiom dichiarando subito uno sciopero generale contro la Fiat e contro le politiche rigoriste del governo Monti che non dimentichiamo solo qualche mese fa ha detto “la Fiat ha il diritto di investire dove più le conviene”. Una dichiarazione che straccia un altro pezzo della Costituzione che prevede la responsabilità sociale dell’impresa e che il precedente governo voleva cancellare.
Quanto succederà nei prossimi giorni ci dirà se le dichiarazione della Camusso preludono ad una svolta a sinistra del suo sindacato o sono le solite parole di circostanza per abbonire qualche delegato o qualche segretario di categoria.

Ezio Casagranda

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Un commento

  • antonio

    Caro Ezio,non se ne esce… neanche le dichiarazioni più roboanti della Camusso o gli scioperi delle categorie interessate potrebbero spostare di un millimetro quello che il capitalismo italiano (non solo Marchionne) ha già deciso; diverso sarebbe se tutta la società lavoratrice sentisse sulla sua pelle il dramma che stanno provando i lavoratori del Sulcis, della Alcoa, di Pomigliano, di Mirafiori ecc.; cioè se tutti ci sentissimo meno sicuri nella parziale e a volte ignobile sicurezza del proprio posto di lavoro.
    Dobbiamo tenere in considerazione che tutto quello che ci stà preoccupando è successo già prima e con eguale responsabilità tra destra e sinistra. Negli ultimi anni(a partire dal governo Dini)QUESTO PAESE E’ STATO GOVERNATO in egual misura dal “centro destra” e dal “centro sinistra” dove comodamente sedevano ex estremi sinistri rifondaroli, ex verdi, ex P.C.I., ecc.ecc. dunque – non solo il sindacato (che comunque è parte integrante della politica fallimentare dei partiti)ma una politica ignobile che sparlando di economia e di programmi è solo interessata al proprio tornaconto sprecando a man bassa risorse e speranze. Mai viene sanzionata, mai paga i danni che ha arrecato al paese, anzi più tronfia DI PRIMA rimette in circolo pericolosi strumenti dannosi e populistici spolpando risorse e speranze di un paese già in stato confusionale. Il credulismo populista dei “Grillo” e referendario dei Vendola e Di Pietro per un pugno di voti,inservibili a noi, non può che portarci ad un’ulteriore sconfitta.
    Antonio Marchi

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