Fiat: accordo ignobile

Dopo il mini sciopero di lunedì 12 dicembre contro una manovra che definire di macelleria sociale è un eufemismo, Fim Cisl e Uilm Uil Fismic e Ugl hanno siglato un accordo ignobile con la Fiat di Marchionne che oltre ad estendere l’accordo di Pomigliano a tutti gli 86 mila dipendenti esclude la Fiom da ogni rappresentanza in fabbrica.
Un fatto gravissimo che mette in discussione le libertà sindacali dei lavoratori, cancella il Contratto Nazionale di Lavoro, mina la libertà di sciopero e cancella la democrazia in fabbrica.
Non si tratta solo di essere succubi dei diktat di Marchionne, quello che è successo in FIAT è qualcosa di più grave di più profondo che lacera gli stessi rapporti fra lavoratori i quali espropriati del diritto di scegliere i propri rappresentanti sono relegati a semplici costi da ridurre e comprimere secondo le esigenze del mercato.
Son d’accordo con quanti ritengono che questa vicenda non può essere relegato a questione aziendale e quindi è necessario che il governo intervenga per garantire l’applicazione dei diritti Costituzionali e quindi evitare che un accordo, scritto sotto ricatto, fermi la Costituzione ai cancelli della fabbrica.
Ma nello stesso momento penso che questo accordo, non è figlio dell’arroganza del manager con maglione ma dell’accordo unitario del 28 giugno 2011 che ha definito i contorni politici dentro i quali la Fiat ha costruito l’impalcatura dell’accordo separato di martedì scorso.
Per questo ritengo la posizione della Camusso ancora troppo ambigua sulla questione Fiat, dove in sostanza non ha mai pienamente condiviso la celta della Fiom di non sottostare al ricatto Fiat. (vedi Pomigliano, referendum Mirafiori, ecc).
Alla giusta richiesta fatta al Governo Monti di modificare l’articolo 19 dello Statuto in mod da dare diritto di rappresentanza alla Fiom vede una risposta preoccupante da parte di alcuni ministri e di Bonanni che sostengono che gli articoli da modificare sono 2.
L’articolo 18 e 19 dello Statuto dei Lavoratori. In sostanza si ripropone il ricatto, cancellazione dei diritti dei lavoratori in cambio della possibilità di sedersi alla mensa del padrone, che resta inaccettabile sia se proposto da Marchione che se proposto da Monti o da Bonanni.
Davanti a questa regressione dei diritti, portata avanti da Marchionne, fatta propria da Monti, Confindustria dal PDL e da molti, troppi, esponenti del PD per la Cgil si impone una scelta: abbracciare il Marchionne pensiero oppure schierarsi senza se e senza ma con la Fiom e con i lavoratori della Fiat per rivendicare dignità, democrazia e libertà sindacali.
Noin serve la ricerca spasmodica di una unità sindacale che non esiste ma adoperarsi per organizzare una lotta generale di opposizione di resistenza al pensiero unico che abbia al centro una proposta alternativa di uscita dalla crisi e un diverso modello sociale rispetto a quello che ci viene prospettato dalla BCE e da Marchionne.
Ezio Casagranda

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