Articolo 18: Una difesa contro i potenti
Pregiatissimo dott. Giorgio Flaim,
La ringrazio per la lucida e onesta rappresentazione della questione riguardante l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che Ella ha dato sul quotidiano locale l’Adige dell’8 ottobre scorso.
Ella ha rappresentato con estrema efficacia le questioni del “falso illecito” e della “crisi inesistente”, che sono spesso le motivazioni addotte dal datore di lavoro per licenziare persone.
In altri tempi, non troppo lontani dai nostri, si allontanavano, dalle scuole, dalle università persone, anche molto capaci, per motivi di razza.
Nella mia esperienza professionale di segretario comunale sono stato licenziato da due amministrazioni in cui avevo vinto pubblico concorso. Sospeso tre volte dal servizio ogni volta per il termine massimo di sei mesi, per quanto non avessi avuto avvisi di garanzia o condanne penali. Mi sono stati contestati oltre cento illeciti disciplinari, tutti dichiarati infondati da sentenze passate in giudicato.
La prima volta l’Amministrazione comunale di San Lorenzo in Banale mi richiese dopo soli dieci giorni di servizio di rogare una compravendita immobiliare di beni di due persone in grave stato di salute, anche mentale.
Feci presente la necessità che l’Autorità giudiziaria nominasse un tutore. Immediatamente fui sospeso dal servizio per sei mesi con un lungo elenco di addebiti disciplinari.
Il T.R.G.A. annullò immediatamente il provvedimento.
L’Amministrazione soccombente con altrettanta rapidità lo riassunse.
La seconda volta accadde quando vinsi il concorso presso l’Amministrazione comunale di Vallarsa. Quest’ultima, ancor prima che entrassi in servizio, si oppose in via amministrativa.
Il provvedimento del T.R.G.A. di Trento, confermato dal Consiglio di Stato, mi consentì di assumere la sede. A soli sette giorni dal mio ingresso in servizio, vennero formulate contestazioni di addebito e procedimenti disciplinari.
Fui oggetto di ampie pubbliche diffamazioni e infondate critiche. Avanti a una decisione di reintegro in servizio trovai sulla mia scrivania un proiettile calibro 9 parabellum (Si veda sentenza Cassazione).
Anche in questa realtà l’Amministrazione richiese al segretario comunale di rogare un contratto di locazione di un immobile di proprietà tavolare di un cittadino affetto da gravi problematiche di salute.
Avanti al motivato parere negativo del segretario, nell’ottobre 2000 si provvide all’immediato licenziamento dello stesso.
L’intera vicenda fu narrata dai Suoi colleghi dott. Bruno Giardina e Francantonio Granero. Nel corso delle indagini penali non mancarono fra gli indagati politici e sindacalisti. Nella categoria dei secondi era indagato il segretario regionale di un noto sindacato nazionale, il quale era imputato di avere inviato a terzi una lettera contenente gravissime ed infondate accuse nei miei confronti. Interrogato dal Procuratore capo dott. Francantonio Granero, riferì che le informazioni, poi rivelatesi false, gli erano state date da terzi, e che prima di vergare la calunniosa lettera non aveva ritenuto di richiedermi alcuna spiegazione. All’obiezione del magistrato che gli ricordava che il diffamato era pure un lavoratore, e che egli era un sindacalista, oppose della credibilità dei politici di alto livello.
Il potermi liberamente rivolgere alla Magistratura Amministrativa e del Lavoro mi è stato di conforto.
Per altri colleghi non è stato così e non sarà.
La coscienza mi impone di ricordare il caro collega segretario comunale di Calliano.
Accenno ciò solo per indicare che la mia esperienza con la fattispecie del “falso illecito” è stata varia all’interno delle pubbliche amministrazioni trentine e ha coinvolto, nel senso negativo, anche esponenti del sindacato.
Molti negli anni scorsi, nel nostro territorio, sono stati affascinati dai “principi”, dai “signori del project financing”, da straordinari “capitani d’industria” e da fantasmagorici “innovatori”. Molte risorse economiche pubbliche sono state indirizzate a sostenere mirabolanti attività industriali o imprenditoriali. Moltissime interrotte con ingenti perdite di posti di lavoro per “crisi inesistenti”, o ancor più perché era terminato il pubblico sussidio.
Ulteriore questione è quella con cui oggi la politica definisce il complesso delle tutele dei lavoratori come “feticcio ideologico”. Le tutele dei lavoratori riguardano non solo il momento del licenziamento ma anche quello dell’assunzione, della malattia, della maternità.
Definire una di queste “feticcio” consente poi di attribuire l’espressione a tutte le altre.
Mi limito qui a richiamare quanto diceva un altro fiorentino:
“Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui e come è duro calle lo scendere e l’salir per l’altrui scale” (canto XVIII del Paradiso, Dante Alighieri). E’ la profezia dell’esilio che la mancanza di lavoro, di tutele e di reale partecipazione alla vita politica del Paese, porta molti giovani ad emigrare.
Se non vi saranno tutele saranno i potenti, i “signori del project financing” i presidenti, gli assessori, i dispensatori del lavoro alle rispettive clientele elettorali.
I trentini, non più cittadini, allora potranno ritornare a togliersi il cappello davanti al potente signore della valle, offrendo ciò che hanno da dare in cambio: loro stessi, la loro dignità, la loro libertà di voto.
La ringrazio pertanto per aver parlato molto chiaro. La invito a voler continuare nel suo impegno divulgativo, esempio concreto di virtù civile.
Italo Scotoni